LE INDAGINI ARCHEOLOGICHE DEL TEATRO ROMANO A CATANIA
L’archeologia urbana e le problematiche connesse alla conservazione e protezione delle preesistenze indaga due aspetti: la rovina come bene da salvaguardare e come frammento architettonico da interpretare, analizzabile attraverso la metodologia propria del progetto di restauro. La ricerca ritrova un senso prima nell’indagine del fatto urbano e poi nello studio del singolo frammento, esamina il carattere della rovina che nel processo metamorfico conserva le capacità di resistere, di adattarsi, cambiare funzione e senso. La rovina testimonia l’azione del tempo ma l’essenzialità e l’astrazione formale ne rappresentano la modernità.
GLI OBIETTIVI DELLA RICERCA ARCHEOLOGICA
L’obiettivo della ricerca consiste nel definire un progetto di conservazione, di valorizzazione e d’integrazione dell’area archeologica, oggi emarginata dalla città contemporanea. Il restauro rappresenta una nuova ed originale fase della vita della rovina, in cui anche il nuovo innesto progettuale assume un ruolo fondamentale, sia per l’interpretazione dell’esistente che per la sua riconfigurazione come unità architettonica. La permeabilità dell’area archeologica e l’adattamento alla nuova funzione museale restituiscono il ruolo urbano del teatro come edificio pubblico. Il progetto affronta anche la risoluzione delle problematiche che derivano dalla difficile relazione tra la funzione teatrale e museale.
Un intervento realistico dove la materialità e la misura costituiscono i valori riconoscibili di un progetto che dialoga con la preesistenza, preoccupandosi di rimanere fedele al significato dell’oggetto architettonico. Gli interventi: (a) la rimodulazione degli accessi per garantire l’integrazione urbana e la permeabilità; (b) la definizione dello sfondo scenico tramite la reinterpretazione dell’unità architettonica formale e la realizzazione di un padiglione che contiene l’ingresso ed uno spazio espositivo al primo piano; (c) il restauro del Teatro e dell’Odèon attraverso la definizione di una traccia operativa per la conservazione; (d) la rimozione del recinto archeologico e la protezione del sito; (e) la pavimentazione e il raccordo tra l’area archeologica e quella urbano.
IL SISTEMA ARCHITETTONICO DEL TEATRO GRECO-ROMANO
Il contesto riguarda la città di Catania, l’evoluzione e l’analisi storica, le trasformazioni che hanno portato alla stratificazione urbana del complesso sistema architettonico del Teatro greco romano e dell’Odèon attraverso la continua addizione e sottrazione di elementi che ha generato una serie di relazioni e problematiche su diversi livelli che lo studio analizza e indaga con finalità progettuali.
L’area del Teatro greco romano e dell’Odèon di Catania occupa un vasto isolato del centro storico, compreso tra le vie Teatro Greco e Vittorio Emanuele, rispettivamente a nord e a sud. Tutta l’area coincide con il salto di quota sulla quale si estese il primo stanziamento coloniale di Katanè e con l’effettiva area del centro urbano. Il sito cela nella struttura le potenzialità per costruire città, valore già verificato nell’adattamento in quartiere fino ai primi anni ‘50, divenendo contenitore di abitazioni e strade, come via Grotte, unico ed antico accesso al quartiere da via Vittorio Emanuele, ancora permanente. Il colle è attraversato da una falda acquifera, il fiume Amenano che ancora oggi alimenta una pittoresca polla d’acqua che affiora nell’orchestra del teatro. Il complesso archeologico detiene una posizione centrale, all’interno del percorso turistico, rispetto gli altri monumenti della città: il Duomo, chiesa badia di Sant’Agata, il Castello Ursino, le terme Achilliane, l’Anfiteatro romano in Piazza Stesicoro, le terme della Rotonda e il Monastero dei Benedettini.
GLI AMBIENTI SCENICI DEL TEATRO MESSO IN LUCE
Sono segnati anche gli edifici ad esso orbitanti e il lastricato che fece da accesso occidentale. Gli ambienti scenici erano riccamente decorati da marmi, tra colonnati, statue e bassorilievi con un repertorio iconografico legato al mondo mitologico quanto alla celebrazione di eventi o personalità pubbliche.
Tra le figure a carattere mitologico spicca il gruppo scultoreo della Leda col cigno copia romana di un originale del 360 a.C. di Timotheos, mentre tra gli ornamenti funzionali del teatro una lastra di marmo bianco rappresentante un delfino, ritenuto quale bracciolo per un seggio d’onore o più probabilmente (vista la certa presenza di almeno altri due delfini identici immortalati dalle foto degli anni trenta) divisori per segnalare la zona riservata al pubblico più importante.
In marmo bianco erano pure i rivestimenti dei sedili, costruiti in blocchi di arenaria per la ima cavea e in opus coementitium per le altre due cavee, i quali dovevano creare un singolare aspetto cromatico con il nero delle otto scalinate in pietra lavica.
Molti elementi decorativi vennero trafugati o adoperati per la realizzazione della cattedrale del 1094, dove ancora si possono notare alcuni capitelli, colonne o elementi decorativi in marmo. Secondo la ricostruzione di Sebastiano Ittar le colonne – numerose – dovettero costituire un loggiato sulla sommità della scalea, analogamente al teatro antico di Taormina, esemplare più grande e reso famoso dai viaggiatori del Grand Tour.
All’esterno si aprivano diversi accessi, molti dei quali sono oggi liberi sebbene non praticabili a causa della mancanza delle scale, chiusi da lesene che creavano un notevole gioco di ombre e luci, tendenza chiaroscurale già presente in Sicilia dai tempi del Teatro di Thermae Himerae; quattro grandi avancorpi emergevano dalla facciata curvilinea dell’edificio e vi erano ricavate altrettante nicchie, probabilmente ospitanti statue di divinità.
I PALAZZI DE XVIII SECOLO
La scena è ancora ingombrata da palazzi del XVIII secolo, tra cui una palazzina a un piano che funge da ingresso e che conserva notevoli resti di epoca medioevale, tra cui una scalinata e una colonna, ricollocata a reggere il soffitto ligneo settecentesco. Questa palazzina è anche sede dell’antiquarium, in cui sono esposti i rilievi architettonici dell’edificio, dal I al XVII secolo, e vi si possono osservare i resti di un abitato del XVI secolo dall’orientamento diverso rispetto al Teatro, segno che il tessuto strutturale del medesimo era ormai illeggibile. Sull’orchestra si possono ancora vedere gli archi della vecchia via Grotte, una interessante struttura che testimonia l’edilizia del XVIII secolo. Sulle carceris e su una piccola parte della cavea sono ancora presenti diverse abitazioni, una di esse è il Palazzo Gravina Cruyllas che confina ad est. La media cavea presenta le maggiori manipolazioni subite nei secoli, con ampie parti di sedili asportate per ricavare dei pavimenti piani. Tra le residenze sorte nella zona della summa cavea di notevole importanza è la Casa del Terremoto, una vera e propria capsula del tempo, che ha preservato integro il corredo abbandonato l’11 gennaio 1693: le macerie che la ostruirono vennero quindi sfruttate per ricavare le fondamenta di una casa settecentesca, resa oggetto di discordia tra il comune che intendeva espropriarla e due anziane signore che vi risiedevano. Altre due case che insistono nella zona orientale sono la Casa dell’Androne e la Casa Libérti, entrambe sfruttate come spazi espositivi o per conferenze.
Ai lati due diversi ingressi confinano uno a est con la trincea di scavo effettuato da Ignazio Paternò Castello situata tra le proprietà dei Principi di Valsavoja e i Gravina, l’altro a ovest con l’odeon. A nord-est, all’interno di uno dei locali della Casa dell’Androne si sono rinvenuti i resti di un themenos, il recinto sacro del tempio cui il Teatro era legato. La presenza della stipe votiva della vicina piazza San Francesco d’Assisi ha fatto pensare che possano essere messi in relazione col culto di Persefone o Demetra..
LE SCULTURE CHE DECORAVANO IL TEATRO DI CATANIA
Tra le sculture che decoravano il teatro di Catania, due tazze marmoree di grandi dimensioni decorate a bassorilievo sono state rinvenute in frammenti e in tempi diversi. Una di esse ci è restituita da una porzione del catino rinvenuta nel 1938, oggi nel Museo Civico di Catania; l’altra è documentata da un’ampia descrizione di Vincenzo Bondice che ebbe modo di acquistarne un frammento intorno alla metà del XIX secolo.
Sebbene il frammento della seconda tazza sia disperso, la dettagliata descrizione del Bondice permette di valutarne i principali aspetti tipologici e figurativi. L’analisi del frammento superstite, cui può essere affiancato anche un sostegno già nella collezione Biscari, forse pertinente proprio a una delle due tazze del teatro, permette di ascriverne la produzione a un’officina “neoattica” impegnata a Catania per una committenza di alto profilo e per commesse destinate a luoghi pubblici.
Nonostante la parzialità della documentazione, si ricostruisce, in tal modo, un importante tassello del programma scultoreo approntato per l’edificio teatrale di Catania tra la fine dell’età augustea e l’età giulio-claudia.
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