LA COSTRUZIONE DELLE MURA E DEI BASTIONI A CATANIA
I bastioni di Catania sono delle fortificazioni cinquecentesche distribuite lungo quelle che furono le mura di Carlo V.
Le mura di Carlo V erano un complesso murario che venne fatto realizzare a Catania dall’imperatore Carlo V di Spagna a difesa della città e, oltre ad avere undici bastioni erano munite di sette porte per l’accesso alla città.
LA COSTRUZIONE DELLE MURA
L’incarico della costruzione delle mura venne dato all’architetto Antonio Ferramolino all’inizio del XVI secolo ma la costruzione andò avanti con molta lentezza vista la complessità dell’opera. Esse racchiudevano completamente la città del tempo e la difendevano dai pericoli esterni. Ma, prima l’eruzione dell’Etna del 1669 e poi il terremoto del 1693 le rovinarono gravemente, ma la loro scomparsa definitiva si deve al piano di rinnovo urbano del XVIII secolo. Agli inizi del XVIII secolo il Duca di Camastra, che ebbe l’incarico della ricostruzione di Catania, fece allargare un’apertura del 1672, ovvero quella vicina alla piazza del Duomo, facendo realizzare la Porta scenografica che venne intitolata al viceré duca di Uzeda.
Sopra questo tratto di mura, contro il parere del duca di Camastra, vennero edificati il seminario arcivescovile ed il Palazzo dei Chierici che si affaccia sulla piazza Duomo di fronte al Palazzo degli Elefanti sede del Municipio. Del sistema fortilizio rimangono ancora cospicue tracce.
LE CARATTERISTICHE DELLE MURA CINQUECENTESCHE
Agli occhi dell’osservatore più attento, lungo il percorso tracciato tra le antiche e più recenti costruzioni, si mostrano piccoli particolari dell’impianto cinquecentesco, primo fra tutti il muro a scarpa, elemento tipico delle fortificazioni dell’epoca.
Il viandante che proveniva dal territorio di Aci entrava in città dalla porta vicina alla tomba del poeta Stesicoro, la porta Stesicorea. Meglio conosciuta come porta di Aci, questa era una delle porte più importanti della città, da essa infatti partiva la strada per Jaci e da qui entravano contadini e commercianti dei vicini casali posti alle pendici del vulcano. Al di fuori della cinta muraria si trovavano i resti dell’anfiteatro romano, oggi visibili in piazza Stesicoro al di sotto del manto stradale.
LE MURA ALLA MARINA
Le mura alla Marina erano dette un tempo Beloardo di Sant’Agata. Del perimetro difensivo di Catania, infatti, proprio la cortina muraria a mare è stata quella che ha subìto maggiori rifacimenti, al punto che oggi risulta quasi del tutto impossibile stabilire quale andamento seguisse nelle epoche più antiche. Alcune planimetrie cinquecentesche permettono di ipotizzare che parte delle mura medioevali non fosse ancora stato abbattuto, permettendoci una vaga idea di come proseguissero le mura della città prima dell’erezione dei nuovi bastioni, ma nulla di davvero concreto. Così ciò che ci è noto è frutto di quel progetto di fortificazioni iniziato poco prima del 1550 su volere di Carlo V e fondamentalmente mai concluso. Nella sua Pianta topografica della città di Catania, Sebastiano Ittar ricorda che il tratto di mura alla marina, che a partire dalla Porta delli Canali circonda i palazzi dei Chierici e dell’Arcivescovato, passando dalla Porta Uzeda e chiudendo con la scomparsa Porta del Porticciolo, veniva impropriamente chiamato “Bastione di Sant’Agata”.
La colata del 1669 raggiunse il Porto nella sua parte meridionale, minacciando l’ingresso delle lave anche dalla suddetta Porta civica, come fece già dalle porte del Sardo, della Consolazione, della Decima e più a nord da una porta detta del Regno o della Giudecca.
LE TORRETTE
Le torrette, aventi una distanza tra esse tale da permettere un rapido aggiornamento visivo fino ai castelli che ospitavano le milizie, presero presto il nome allusivo di Torri Saracine, riferendosi al nemico da cui difendevano la costa. Laddove non si sfruttavano preesistenze come il campanile della Cattedrale (resa nel 1662 una delle più alte torri d’Occidente con i suoi quasi 100 metri), della chiesa di Santa Maria di Ognina o le vedette del Castrum Acis (ad Acicastello) e della Fortezza del Tocco (ad Acireale), le torrette costiere, impropriamente dette anche garitte, vennero realizzate secondo forme e dimensioni standardizzate.
In pianta quadrata, esse vennero alzate con robusti angoli in conci lavici squadrati di varia dimensione; le pareti sono invece in materiale lavico non lavorato, calce, ghiara, cunei di vario genere (ceramiche, pietra calcarea o rocce laviche di minori dimensioni); si presentano con due aperture contrapposte dagli stipiti e dalla trave in più conci di pietra lavica ben riquadrata di cui una solitamente rivolta verso il mare, mentre ortogonali ad esse (a nord e a sud) due finestre si aprivano con analoga architettura. Chiudeva l’edificio una riconoscibile cuspide piramidale circondata da quattro più piccole piramidi ognuna su uno dei rispettivi cantoni della guardiola.
I BASTIONI CATANESI
I bastioni catanesi furono costruiti all’inizio del XVI secolo per volere dell’imperatore Carlo V di Spagna. Il bastione degli Infetti è quello meglio conservato degli undici bastioni in pietra lavica che, insieme a sette porte di accesso, facevano parte del sistema murario posto a difesa della città. E’ il bastione più integro tra quelli della cinta muraria cinquecentesca di Catania. E’ visitabile all’interno, ma non è visibile dall’esterno perché circondato da costruzioni, alcune delle quali fatiscenti. Se venissero demolite queste ultime, diventerebbe visibile una parte del suo paramento esterno. Insieme a sette porte di accesso, gli undici bastioni in pietra lavica progettati dall’architetto Antonio Ferramolino facevano parte del sistema murario posto a difesa della città.
Mura, porte e bastioni furono quasi interamente distrutti dalla colata lavica del 1669 e dal terremoto del 1693. Il Bastione degli Infetti è quello meglio conservato tra i bastioni che costituivano il sistema difensivo etneo. Cicerone racconta nelle Verrine che nel luogo dove oggi si trovano i resti del bastione sorgeva il Tempio di Cerere, luogo di culto e di pellegrinaggi. Il nome deriva dalla trasformazione del bastione in lazzaretto nel 1576, in seguito alla peste che colpì la città di Catania.
I suoi resti, tra cui l’annessa Torre del Vescovo, sono ancora visibili lungo la via del Vescovo.
LA TORRETTA CHE SPALLEGGIAVA IL CASTELLO URSINO
Risalente alla metà del XVI secolo, sembrerebbe essere la torretta angolare intra moenia che spalleggiava il Castello Ursino nella estremità meridionale della linea fortificata alla Marina e ritrovata solo in anni a noi molto recenti (oggi è sita in un delizioso giardino che decora lo spazio tra il maniero federiciano e i resti ritrovati delle mura civiche, sepolte dalla colata del 1669): questa infatti appare nelle illustrazioni realizzate da Tiburzio Spannocchi verso la fine degli anni cinquanta del secolo.
Il fascino e la suggestione di tali torrette ha incantato da sempre, instillando una vera passione per i sistemi difensivi del passato. Molte generazioni di catanesi hanno affrontato, ai tempi in cui piazza Europa era una piazza, l’arrampicata coraggiosa verso la torretta sfidando vertigini e aspre rocce sentendosi chissà quali cavalieri di perduti regni delle favole. Ma alle favole, crescendo, si smette di credere e i luoghi che da piccoli sembravano magici si scontrano inesorabilmente con la realtà.
Così duole narrare che il glorioso sistema difensivo, che un tempo proteggeva la città dagli agenti esterni, non è riuscito a proteggersi dalle “aggressioni interne”, finendo inesorabilmente fagocitato, deturpato, dilaniato dalla medesima città che giurò di proteggere.
Il caso del Bastione di San Giovanni è piuttosto eloquente in merito, giacché di esso si può avere idea solo sbirciando attraverso un cancello perennemente chiuso o immaginandoselo sgombro dalle casette popolari o dalle piante che ai suoi fianchi o al suo interno hanno ormai preso pieno predominio.
LE VEDETTE DI DIFESA
Esistono altri edifici, al di fuori delle mura cinquecentesche, che hanno avuto la funzione di fortificazione e sorveglianza per la città di Catania e possono quindi essere considerati bastioni a tutti gli effetti. Ne sono esempio la Garitta di guardia in pietra lavica presente al centro di piazza Europa e la Torre del campanile della chiesa di Santa Maria di Ognina, eretta nel 1548.
COSA SI PUO’ AMMIRARE OGGI
Ancora oggi è evidente, lungo il tratto nord della via Plebiscito, il percorso della cinta tra il Bastione degli Infetti, sito all’antico corso, e il Bastione del Tindaro, sul cui tratto, senza porte, si addossava il complesso monastico di san Nicolò l’Arena con l’omonima chiesa; in queste zone sorgevano anche il Bastione San Giovanni (nei pressi dell’omonimo vico) e il Bastione Sant’Euplio (in piazza Sant’Antonio Abate). Andarono invece completamente inghiottiti dalla lava il Bastione San Giorgio e il Bastione Santa Croce, nei pressi del Castello Ursino; alla Civita, si trovavano il Bastione Don Perrucchio (nei pressi dell’attuale via del Vecchio Bastione) e il Bastione del Salvatore, detto anche Bastione Grande o di Porto Puntone, eretto nel 1552 e sito fra via Cardinale Dusmet e via Porta di Ferro (dall’omonima porta). Il Bastione San Giuliano sorgeva, invece, sul terreno dell’odierno Convitto Mario Cutelli, mentre il Bastione San Michele (sito nei pressi di piazza Turi Ferro, anticamente piazza Spirito Santo) e il Bastione del Santo Carcere, accanto all’omonima chiesa di Sant’Agata, nella parte alta di via dei Cappuccini, chiudevano il cerchio difensivo attorno alla città.
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