LA FERA O LUNI A CATANIA
Attraversando un luogo di romana memoria, la piazza Stesicoro, si sente un gran “vuciare” verso la statua di Vincenzo Bellini da dove pasciuti colombi ammirano la folla strusciante che va a passeggiare. Basta superare Via Monsignor Ventimiglia per iniziare già a sentire gli odori dei prodotti gastronomici esposti sulle sue bancarelle. Sembra ci sia una gran festa, lì verso via San Gaetano alle Grotte. È “a Fera ‘o Luni” (il mercato del lunedì).
L’ETIMOLOGIA DEL TERMINE O LUNI
L’articolo che precede il nome “Luni” è maschile, motivo per il quale secondo altri, il nome è da collegarsi a quello del dio assiro-babilonese Luni. Il nome verrebbe, secondo alcuni autori, dalla presenza di un tempio dedicato alla dea romana Luna (Diana) o – dato l’articolo al maschile – al dio assiro-babilonese Luni, mentre popolarmente si diffuse la tradizione che il mercato fosse attivo soltanto il lunedì e da qui il nome. Curiosamente Luni è anche l’attuale nome di una colonia romana nota come Luna dedotta nel 177 a.C., alle foci del fiume Magra.
Per tale colonia si è ipotizzata, tra le altre, anche l’origine dalla radice lun, che indicherebbe un ambiente paludoso come era appunto il territorio di Luni prima delle bonifiche romane. Nel caso della fiera di piazza Carlo Alberto si potrebbe avere una simile radice etimologica, considerando la notoria malaricità della piazza fino alle bonifiche del XX secolo e che a tutt’oggi non sono infrequenti allagamenti della piazza stessa.
Ma in realtà a Fera ‘o Luni non si è sempre tenuta in quella piazza. Infatti durante il Medioevo si svolgeva dinnanzi la basilica della Collegiata, anch’essa una zona paludosa. Per cui si potrebbe mantenere il riferimento etimologico che andava bene anche per piazza Carlo Alberto. Nonostante ciò, la maggioranza delle persone sostiene che il mercato si chiami in questo modo perché un tempo si svolgeva soltanto durante il primo giorno della settimana.
LA FERA O LUNI A CATANIA
Già nella Catania spagnoleggiante, allora capitale del Regno di Trinacria, il mercato del Lune occupava la piazza antistante la Regia Cappella (meglio nota come la Basilica Collegiata). Dopo il devastante terremoto del 1693, il mercatino rionale si sposta in Piazza Università per poi approdare nel XIX secolo in piazza Carlo Alberto, vicino “‘a potta Jaci” (porta di Jaci, antico ingresso della città), dove tuttora è ospitato ogni giorno della settimana.
Il nome del mercato – fiera del lunedì – deriva dal fatto che in origine veniva allestito soltanto il primo giorno della settimana. Da qualche anno invece è possibile fare compere tutti i giorni: tra i numerosi stand si trovano, oltre alle specialità catanesi e siciliane, giocattoli, abbigliamento, suppellettili e cianfrusaglie di ogni tipo.
Il nome con cui i catanesi chiamano questo mercato storico potrebbe rivelarsi ambiguo per chi non è della provincia. La tradizione dei mercati rionali è comune in ogni angolo della terra, ma non ovunque si svolge ogni giorno come accade a Catania. Infatti la Fera si svolge tutte le mattine, dal lunedì al venerdì. Il sabato anche nel pomeriggio. La domenica la Fera ‘o Luni viene sostituita da un mercato più piccolo, dove si possono acquistare oggetti di seconda mano. Al di là della periodicità, rimane da risolvere il mistero del nome di questo mercato storico di Catania. Ebbene, secondo alcuni la parola Luni farebbe riferimento al satellite che ruota attorno alla terra. La mitologia vuole che la Luna sia il simbolo della dea Diana e che, a quanto pare, nella zona di piazza Carlo Alberto un tempo ci fosse un tempio dedicato a questa dea.
Il mercato di piazza Carlo Alberto, antistante il santuario della Madonna del Carmine a Catania, popolarmente chiamato Fera ‘o Luni, cioè fiera del Lune o fiera del lunedì, è assieme alla Pescheria, il mercato più antico di Catania.
La fera o luni è uno dei mercati storici di Catania. Non solo un luogo dove fare acquisti, ma anche un luogo di incontro. Qui è semplice avviare una chiacchierata con uno dei banconisti o con i clienti. Va bene anche per una passeggiata mattutina, magari dopo una serata passata tra i locali della movida catanese. Sì, perché alla Fera ‘o Luni c’è aria di casa, colori, profumi e voci genuini e semplici. Un posto in cui ritrovare il contatto con l’essenzialità. La luce brillante del mattino, sbianca la facciata del santuario della Madonna del Carmine, si insinua tra le viuzze create dai banconi. Filtrata dai tendoni, ravviva i mille colori della frutta e della verdura esposta nelle bancarelle. Si fa più tenue e rivela tutto quello di cui si ha bisogno.
La Fera ‘o Luni è grande, si può comprare di tutto. La Fera ‘o Luni è grande e semplice, si trovano anche cose che non si pagano in denaro.
È un attimo, manca l’aria e gira la testa. I sensi si devono abituare. Colori forti si accendono per un timido sole che filtra attraverso i larghi tendoni delle bancarelle allineate. Odori inebrianti stimolano l’appetito: formaggi freschi, pomodori, cipolle, prezzemolo, agrumi, fragole, pesce e carne. Stordiscono i profumi di roba vecchia e nuova, di incensi, di fragranze rubate. Suoni striduli o possenti, voci di uomini e donne invitano a comprare. E poi il crogiolo di razze, un colpo d’occhio. Catanesi, siciliani, africani, cinesi, indiani, tutti a rimpinguare un luogo dove si fanno affari da secoli.
L’ESPERIENZA DEL MERCATO IN MANIERA DIVERSA
Posso capire perché per turisti e forestieri non è così immediato scoprire a Fera ‘o Luni. Anche quando si è immersi dentro al mercato, i suoni e le voci si mantengono vellutati. Come se anche loro, come la luce, fossero filtrate dai tendoni delle bancarelle. Suoni e luce attutiti, colori, profumi e benessere amplificati. Assaggi di frutta offerta assieme ad un sorriso. Che sotto il caldo estivo, non è poco. Credo che ognuno viva l’esperienza del mercato in maniera diversa. La fiera ha quella capacità di farsi sentire a casa, con la mano stretta a quella della nonna o della madre.
COSA SI TROVA ALLA FERA O LUNI
La piazza Carlo Alberto sembra non poter contenere la grande quantità di bancarelle: macellai, pescivendoli, fruttivendoli, venditori di “roba americana” da cui è possibile acquistare abbigliamento di seconda mano. Giocattoli, indumenti, bigiotteria, elettronica, tessuti, tappeti. La lista potrebbe essere infinita. Tra i banchetti legali, è noto a chiunque che esistono quelli abusivi. Fonte di lotte periodiche tra le forze dell’ordine e i venditori. L’idea per il futuro è quella di organizzare in modo più razionale la dislocazione delle bancarelle, a vantaggio della viabilità e della rivalutazione urbanistica dell’area. Ad oggi la situazione rimane invariata. Del resto la Fera ‘o Luni è un organismo non organizzato, ma autonomo e perfettamente funzionante nello svolgere le funzioni necessarie alla sua sopravvivenza.
L’unica distinzione netta è quella che esiste tra l’area dedicata alla vendita di prodotti alimentari e quella in cui si vende tutto il resto. Forse la disposizione dei banconi non sarà indicata in nessun progetto, eppure la metodicità e il rispetto reciproco tra la maggior parte dei venditori permette di orientarsi all’interno del mercato. Solitamente ogni bancarella occupa, giorno dopo giorno, la stessa posizione. Non sono pochi i turisti che rimangono affascinati dai profumi, dai colori e dalle voci che animano il mercato. Una visita al suo interno è diventata obbligatoria. Ed in effetti non può che essere così, perché tra le fila dei banconi della Fera ‘o Luni di certo si comprano frutta o vestiti. Ma c’è anche un dono: la possibilità di scorgere la Catania autentica che, tra difficoltà e sacrifici, sopravvive e prova a sorridere.
LE ORIGINI E IL LUOGO DELLA FERA O LUNI
La sede di un mercato a Catania si può dedurre dalla presenza di un foro o horreum nell’area dell’attuale cortile San Pantaleone. Di questo mercato, tuttavia, se ne può solo dedurre l’esistenza sulla base delle ipotesi formulate dagli antiquari del passato, prima che le strutture venissero del tutto inglobate dalle casupole popolari e rendessero illeggibili le strutture più antiche. Tutto ciò che resta visibile oggi è appena un lacerto di parete in opus reticulatum.
IL MERCATO NEL MEDIOEVO
Di diversi mercati abbiamo notizia soprattutto nel basso Medioevo e in età rinascimentale. Se infatti dalle cartografie di XVI secolo abbiamo diversi riferimenti, quali il piano de LaHerba (oggi, orientativamente, piazza San Francesco d’Assisi) e il piano San Philippo detta anche de li Horti (grossomodo l’attuale piazza Mazzini), possiamo desumere che tali denominazioni fossero eredità almeno del secolo precedente.
Lo storico Mercato del Lune, secondo l’abate Ferrara, aveva sede quindi nella piazza antistante la facciata della primitiva regia cappella di Santa Maria dell’Elemosina a partire dal Medioevo, come anche dai rilievi cartografici preesistenti al Ferrara stesso e nelle planimetrie dei progetti delle fortificazioni spagnole fermamente volute dall’imperatore Carlo V: gli ingegneri militari Tiburzio Spannocchi e Francesco Negro, identificano il primitivo Piano della Fiera del lunedì o Fieravecchia ad occidente dell’edificio sacro.
La piazza era chiamata Platea lo Foro o Foro Lunaris, ed era soggetta a stagionali allagamenti dovuti alla presenza del fiume Amenano, imbrigliato poi nel mulino Marletta, un tempo ubicato a sud della piazza, dov’è ancora oggi il palazzo omonimo.
IL MERCATO NELL’ETA’ MODERNA
In seguito al piano di ricostruzione post-sismica redatto da Carlos de Grunenbergh e coordinato da Giuseppe Lanza, duca di Camastra – a causa del terremoto del Val di Noto del 1693 – l’area del Mercato fu limitata ad un ridotto spiazzo stretto tra i palazzi barocchi, l’abside della Regia Cappella e la fabbrica del Palazzo dell’Università ovvero il Piano degli Studj (Piazza dell’Università), un’area oggi chiamata largo Salvatore Addamo.
Questa sede, ormai fin troppo ridotta, fu abbandonata in virtù di piazza Università, dove è ben documentato lo svolgimento della fiera nel pieno XIX secolo. Per distinguerla dalla precedente area, in alcune stampe d’inizio XVIII secolo, la superficie è identificata col termine di Fiera Nuova.
DOVE SI TROVA ADESSO IL MERCATO
La Piazza Carlo Alberto prende il nome dal re piemontese del XIX secolo ed è situata nel centro storico di Catania, tra la Villa Bellini, via Umberto e Corso Sicilia.
La piazza, in stile barocco, è fiancheggiata dalla pittoresca Chiesa della Madonna Carmelo e dalla sotterranea Chiesa di San Gaetano alle grotte, uno dei posti più affascinanti di Catania. La piazza è famosa perché tutti i giorni vi si svolge il mercato, popolarmente conosciuto come “Fera o’ Luni”. Diverse sono le ipotesi sul significato del suo nome. Alcune fonti ritengono derivi dalla presenza nell’antichità di un tempio dedicato alla dea romana Luna (Diana), o – per la presenza nel nome dell’articolo al maschile – altri ritengono che il tempio fosse dedicato al dio assiro-babilonese Luni.
Nessuna di queste ipotesi ha però avuto un riscontro storiografico certo, si ritiene dunque più plausibile l’ipotesi popolare secondo la quale il mercato in passato fosse attivo soltanto il lunedì, e da ciò avrebbe avuto origine il nome “Fera o’Luni” ossia “Fiera del lunedì”.
La sede del mercato è spostata alla fine del XIX secolo in piazza Carlo Alberto, in concomitanza con la sua nuova denominazione che sostituì l’antico nome di piano del Carmine e in vista della colonizzazione delle lave a oriente dell’antico centro storico, secondo un nuovo piano di sviluppo urbano teso a unire la città al borgo marinaro di Ognina, un tempo isolato. L’ubicazione di piazza Carlo Alberto è tuttora la sede dello storico mercato.
La fiera che vi si svolge oggi è giornaliera, con la sola eccezione della domenica, ed ha un vasto assortimento di prodotti: dalla gastronomia all’abbigliamento, dai casalinghi ai prodotti etnici, fino all’ortofrutta e alla vendita di giocattoli. Il mercato negli ultimi decenni è diventato un vero crocevia internazionale, con commercianti – oltre che italiani – di origine africana e cinese.
Trasportati dalla folla, ci addentriamo in via Teocrito: impossibile non notare, dietro le innumerevoli bancarelle di scarpe, le lanterne rosse che segnalano i negozi cinesi. Sono dei veri e propri bazar di cineserie. Uomo, donna o bambino: ce n’è per tutti i gusti, con buona pace dei commercianti locali.
Il mercato storico di piazza Carlo Alberto supera i confini delineati dall’area che si dispiega di fronte al santuario. Come un essere vivente, cresce; come un pianta infestante, occupa ogni minimo spazio lasciato libero. Ma non lo soffoca, piuttosto lo trasforma, gli dà un nuovo senso. È grande a Fera ‘o Luni, ma potrebbe anche passare inosservata se non si è immersi al suo interno. Infatti, nonostante il mercato cresce e si sviluppa parallelamente (almeno per un certo tratto) a via Etnea, passando da quest’ultima difficilmente capita di sentire i richiami dei venditori. Non si sente il chiacchierio delle voci dei clienti.
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