LE PORTE A CATANIA DOPO L’ERUZIONE DELL’ETNA DEL 1669
A seguito della colata che distrusse parte della cortina muraria, le porte rimaste furono quella della Decima, quella di Carlo V, la Porta de Vega, la Porta di Ferro, quella del Sardo, la Porta Lanza, quella di Aci e la Porta del Re. A queste se ne aggiunsero due.
Le porte di Catania prima del terremoto del 1693 erano dieci. Oggi, di quelle antiche porte, ne resta solo una costruita al tempo di Carlo V di Spagna, ed è la cosiddetta porta delli Canali o porta di Carlo V (visibile dalla piazzetta Pardo in pescheria).
Oltre a questa, percorrendo le mura verso est, vi era la porta del Porticello che dava sull’antico molo; la porta di Ferro che aveva di fronte la chiesa di San Francesco di Paola; la porta di Sant’Orsola alla spalle dell’attuale Teatro Massimo Bellini; la porta di Aci a nord da cui si dipartiva l’antica strada verso Acium; la porta del re a fianco della chiesa di Sant’Agata la Vetere; la porta di Sardo (contrada); la porta della Consolazione (contrada); la porta della Decima dove vi erano i magazzini del Dazio; ed in fine la porta del Sale che si apriva nella cerchia muraria attorno al castello Ursino.
Poi a sud, dopo il terremoto, fu aperta nelle mura la Porta Uzeda (che ricorda il nome di un viceré di Sicilia e collegava Piazza del Duomo all’antica zona del porto che oggi è la villetta Pacini. Porta Garibaldi fu costruita nel 1768 in occasione della venuta a Catania del re Ferdinando IV di Borbone (I delle Due Sicilie) e quindi fu detta inizialmente Porta Ferdinandea. La zona è detta del Futtinu (o “Fortino”).
LA PORTA DI CARLO V
Accanto al Palazzo dei Chierici, scendendo le scale a destra, troviamo la Porta Carlo V, nel mezzo della “Pescheria”, il mercato quotidiano della frutta e del pesce. Edificata nel XVI secolo, era parte delle mura di cinta della città.
Nota in passato come Porta delli Canali, prendeva il nome dall’omonima fontana sulla quale si affacciava, è l’unica porta superstite. La Porta di Carlo V è l’unica, delle sette che costituivano l’antica cinta muraria, ancora esistente. La costruzione delle mura iniziò nel 1541 per volere del Vicerè Vega con lo scopo di migliorare la capacità difensiva della città contro i pirati che frequentemente attaccavano le coste catanesi. La Porta di Carlo V conduce nella piazzetta Pardo, sede della “Pescheria”. Una epigrafe posta sopra la porta ricorda che essa fa parte di un rafforzamento voluto dal viceré Vega nel 1553, per difendersi dalle incursioni dei pirati.
LA PORTA DI FERRO
La Porta di Ferro era ubicata in fondo all’attuale via omonima, vicino piazza Cutelli. Era chiamata così perché celava sotto la copertura di ferro una delle celebri porte di legno bottino di guerra dell’Imperatore Carlo V, poi trasportate qui. Fu bruciata nel 1647 dai ribelli, e dai frantumi rimasti ne venne fabbricata un’altra. Venne demolita intorno al 1860, insieme al tratto di cortina, per tracciare l’attuale via Porta di Ferro. Sullo sfondo la chiesetta di San Salvatore, una delle poche sopravvissute al sisma del 1693, poi demolita per realizzare il porto nuovo.
Questa Porta deve il nome alla grata metallica che la chiudeva, secondo la tradizione ottenuta col bottino di Tunisi a seguito della vittoria riportata nel 1535 da parte di Carlo V e della flotta di Andrea Doria sul pirata Barbarossa. La tradizione, si suppone, dovette essere commemorata da una lapide di fondazione andata perduta però insieme alla porta. Venne detta anche Pontone, con chiaro riferimento nautico. Risale al 1555 e sorgeva dov’è oggi l’omonima via, alla Civita. Stando all’Ittar essa si sostituiva alla Porta del Porto. La sua sorte venne decretata con l’ampliamento della strada che porta il suo nome.
LA PORTA DI SARDO
Eretta sulla cortina muraria medioevale a ovest, nel tratto di via Giuseppe Garibaldi che s’appresta all’incrocio con la via del Plebiscito, venne ricavata col piano di fortificazione cinquecentesco. Mai completata, venne abbattuta nel 1792 per ampliare la stessa via Garibaldi. Deve il nome al feudo del Sardo, ricco terreno a occidente della città.
LA PORTA DELLA LANZA
Edificata nel XVI secolo in sostituzione di una porta medioevale omonima che dava al Feudo Lanza, crollò in parte a seguito del terremoto del 1693, in parte per la realizzazione della Strada Lanza, oggi via Antonio di Sangiuliano. I resti della Porta, un lungo muraglione con torre di vedetta angolare, vennero inglobati in un terrazzamento appartenente al Giardino Pensile del Palazzo Manganelli, fastosa opera barocca costituente il più esteso giardino pensile di Sicilia. Di porte con questo titolo ne esistettero due. La prima di età non definita dovette essere forse di epoca aragonese, aprendosi sulle mura di tal periodo; la seconda la sostituì nel XVI secolo, eretta non lungi e crollata a seguito del terremoto del 1693. I pochi resti residui furono abbattuti per l’ampliamento della strada Lanza, cioè l’attuale via Antonino di San Giuliano.
LA PORTA JACI O STESICOREA
Era detta anche porta Stesicorea perché vicina al sepolcro del grande poeta imerese. Si aprirva sull’attuale piazza Stesicoro ed era una delle porte più importanti di città perché conduceva alla strada per Jaci e consentiva l’ingresso in città dei contadini e dei commercianti dei vicini casali etnei e di quanti provenivano dal Val Demone. Subito fuori le mura si conservavano i resti dell’anfiteatro romano i cui ordini superiori erano stati demoliti nel cinquecento proprio per evitare che, in caso di invasione, fosse facile per il nemico dare l’assalto alle fortificazioni. Di fronte si apriva il convento dei Cappuccini e l’omonima salita che tutt’oggi ne conserva il nome.
La Porta assunse il nome di Stesicorea in quanto la tradizione vuole che si affacciasse sul Sepolcro di Stesicoro: non lungi da tale porta dunque era l’antica necropoli civica. Situata nel Campo che da essa prese il nome, venne ribattezzata popolarmente Porta di Jaci dalla città di Aci, indicante a partire dal XIV secolo, l’odierna Acireale. La porta appare nelle più antiche planimetrie addossata all’anfiteatro, pertanto potrebbe essere stata ad esso coeva.
LA PORTA DEL RE
La Porta del Re e S. Agata la Vetere era chiamata così perché fu fatta aprire da re Federico III d’Aragona. Si trovava all’inizio dell’attuale via Santa Maddalena, vicino al bastione e alla chiesa di Sant’Agata la Vetere, una delle tre chiese – insieme al Santo Carcere e a San Biagio -legate al martirio e alla morte della Patrona. Durante la processione del 4 febbraio le reliquie della Patrona entravano dalla porta e sostavano in chiesa dove veniva celebrata una messa in suo onore. Una delle tappe che il fercolo fa ancora oggi. Fuori la porta, su un grande piano, sorgeva la chiesa Santa Maria La Grande, il convento dei Domenicani e la chiesa di San Vito.
Detta anticamente Porta Aquilonare, non è noto il re cui si riferisca. Forse, data la sua posizione sulle mura di epoca aragonese, poté essere l’ingresso privilegiato alla città dei sovrani del Regno di Trinacria, diretti devozionalmente all’antica chiesa di Sant’Agata la Vetere, prima sede della cattedra vescovile e tradizionalmente sede del sepolcro della patrona della città. La riverenza della più alta carica civica verso tale chiesa è tutt’oggi celebrata dal sindaco di Catania e dalle autorità cittadine che per l’apertura della Festa di Sant’Agata si reca a rendere omaggio all’antico sepolcro sito nella Vetere. Per Aquilonare, invece, si intende il nord (quindi andrebbe letta come Porta Nord) in quanto nel XIV secolo in lingua siciliana tale era il suo significato. La Porta si apriva dov’è oggi via Santa Maddalena, proprio di fronte alla Chiesa di Santa Maria della Purità e della Visitazione.
LA PORTA DI SANT’ORSOLA
Porta di Sant’Orsola, chiamata in precedenza «posterna Joenio», fu aperta nel 1671 nella cortina di Nord-Est dove, fin dal 1500, si aprivano altre posterne private che prendevano il nome dei proprietari delle case prospicienti le mura, quale le posterne di Campanello e di Savarino, quest’ultima antichissima, risalente al 1379. La porta era ubicata vicino alla chiesa di Sant’Orsola, nell’area dell’attuale piazza Scammacca 13, dietro il Teatro Massimo, e fu demolita dopo il terremoto del 1693 per tracciare le nuove strade di Catania.
Eretta nel 1671 non distante dalla Porta della Lanza, prese il nome dalla vicina chiesa omonima. Essa non sopravvisse al sisma del 1693, mentre la chiesetta cui deve il nome conservò parte del fabbricato che ne condizionò una inusuale pianta ovale con finto ingresso, oltre ad un’ampia cripta appartenente al tempio originario.
La chiesa faceva parte del monastero di S. Orsola sorto nei primi decenni del Quattrocento. Nel 1558 il vescovo Nicola Maria Caracciolo chiuse il monastero perché esso sorgeva a ridosso delle mura della città e trasferì altrove le monache. La chiesa fu concessa quindi alla confraternita della Orazione e morte. Distrutta dal terremoto del 1693, fu ricostruita nella forma attuale. Dopo lavori di restauro che ne hanno permesso l’agibilità e che sono stati curati dall’arciconfraternita, nel 1972 è stata consacrata da mons. Domenico Picchinenna.
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