LE ANTICHE FORTIFICAZIONI A CATANIA
La città di Catania non doveva proteggersi solo dal Mongibello cioè dall’Etna. Sulle sue spiagge incombevano altri pericoli, essendo, come altre città marinare del 1500, vulnerabile ai continui attacchi che provenivano via mare dal Medio Oriente. Così, per volere di Carlo V, si rese necessaria la sua difesa attraverso fortificazioni, mura, vedette e stratagemmi di segnalazioni.
Come Lucca e altri borghi medievali, era una città “recintata” il cui accesso avveniva solo dalle sue porte. Tante altre città italiane furono fortificate per difendersi, con la differenza che queste hanno conservato i loro ruderi, mentre i nostri se li è mangiati l’Etna nel 1669.
Poco si conosce dell’antica fortificazione che cingeva la città di Katane, antico nome di Catania, anche se non mancano prove della sua esistenza in diversi ritrovamenti a seguito di scavi archeologici lungo il tratto nord di via del Plebiscito. Tale fortificazione dovette avere degli accessi di cui ad oggi non si è ancora trovata traccia.
LE MURA IN EPOCA ANTICA
In epoca antica le mura dovettero essere in grave stato di abbandono, se per le fonti riguardanti le prime incursioni islamiche della Sicilia la città viene descritta sprovvista di difese. Questo dato ci fa supporre che gli antichi ingressi dovettero ormai essere crollati o di sicuro non più manutenuti. Le documentazioni archeologiche hanno confermato tuttavia la presenza di un kastron bizantino di cui alcune porzioni sono visibili in alcune parti della città, una delle porte che vi si apriva, è stato supposto, dovette essere la Porta di Mezzo, usata da Federico II di Svevia per umiliare i catanesi sconfitti durante la rivolta del 1227-1231. Con l’avvento dei Normanni in città viene eretta la nuova Cattedrale, concepita come Ecclesia Munita, cioè chiesa fortificata, ovvero una sorta di incastellamento atto a sorvegliare la costa e il porto vecchio, detto Saraceno. La presenza di tale fabbrica e lo stesso porto fa supporre l’esistenza di una porta che conducesse all’interno della città dal versante marino, quasi certamente presso lo stesso porticciolo.
Tuttavia è con gli Aragonesi che abbiamo conoscenza della realizzazione di una robusta fortificazione che proteggesse la città, già oggetto di interessi politici al tempo di Pietro III d’Aragona e ancora al tempo del pronipote Federico IV di Aragona. Di questo periodo probabilmente sono alcune delle più antiche porte della città di cui ancora al 20 aprile 1833 esistevano resti o memoria.
IL NUOVO SISTEMA DIFENSIVO
Su disposizione del re Carlo la città si dota di un nuovo sistema difensivo basato su bastioni e nuove cortine. In questo sistema difensivo vennero ricavate diverse aperture, tra cui nel 1553 la Porta delli Canali. Tuttavia a seguito dell’eruzione del 1669 la città rimase sprovvista di difese nel suo lato sud e divenne necessaria la edificazione di un nuovo tratto murario che cingesse la zona colpita dalla lava. Dopo diversi tentativi nel 1672 venne completato un piccolo fortilizio isolato dal resto della cortina muraria, chiamato per il suo aspetto Fortino, in cui esisteva una sola apertura, la Porta di Ligne, attualmente chiamata Fortino Vecchio e sita in via Sacchero.
Non molti anni più tardi venne ricavata la Porta Uzeda nel tratto di mura a sud, prossimo alla Cattedrale e prospiciente il Porto. Tuttavia a seguito del sisma del 1693 il sistema difensivo civico ormai cessava la sua esistenza e nelle mura si aprirono diversi varchi per agevolare l’accrescimento della città. I bastioni erano diventati ingombranti ricordi del passato e vennero riciclati in abitazioni, mentre le porte superstiti vennero demolite per l’ampliamento di alcune strade.
L’EDIFICAZIONE DEI BASTIONI
Le mura proseguivano poi sino la sommità di via Cappuccini dove furono edificati il bastione Santo Carcere e la porta del Re. Il bastione posto a protezione della chiesa di S. Agata La Vetere, che nel Cinquecento era la cattedrale della città, fu successivamente demolito per costruire la facciata della chiesa e la sua struttura fu sfruttata per la costruzione degli edifici adiacenti. Oggi come ieri, il luogo è una tappa importante del culto della santa patrona della città. Dalla porta del Re, costruita per volere del re Federico III d’Aragona, il 4 febbraio le reliquie di Sant’Agata venivano portate in processione sino alla chiesa di S. Agata La Vetere.
Continuando verso ovest le mura si estendevano in via Torre del Vescovo dove è ancora visibile il bastione degli Infetti, così chiamato poiché in seguito all’epidemia di peste, che colpì la città nella seconda metà del Cinquecento, il bastione, oltre a svolgere la funzione difensiva, fu il luogo eletto a ricovero dei cittadini malati. Poco distante da questo sorgeva il bastione del Tindaro.
L’attuale via del Plebiscito costituiva il tracciato della cinta muraria che si congiungeva con il bastione San Giovanni, sorto nell’omonima via, sopravvissuto all’eruzione del 1669 ma distrutto dal successivo terremoto. Le mura collegavano il bastione a quello di Sant’Euplio, in piazza Sant’Antonio, congiunto a sua volta all’ultima porta, la Porta della Decima. Il suo nome suggerisce la presenza nelle sue vicinanze degli uffici delle tasse, che prevedevano il versamento del tributo al sovrano consistente, per l’appunto, nella decima parte del raccolto.
L’imponente costruzione voluta da Carlo V terminava al Castello Ursino, nei cui pressi sorgevano gli ultimi due bastioni della fortificazione: i bastioni San Giorgio e Santa Croce. Al tempo della costruzione delle mura, il castello Ursino possedeva una posizione strategica grazie alla sua dominanza sul mare; ma la costruzione dei bastioni prima, dove erano posti i cannoni, e l’eruzione poi, allontanarono sempre più il Castello dal mare modificando in modo definitivo la sua struttura e nascondendo parte di essa al di sotto dell’odierna superficie stradale.
LA CATANIA FORTIFICATA
Quando, nella prima metà del Cinquecento, Carlo V salì al trono, le coste siciliane soffrivano delle costanti incursioni turche. Pertanto fu ordinata la costruzione di un nuovo sistema difensivo in grado di resistere maggiormente agli attacchi nemici, composto da sette porte e undici bastioni. L’eruzione del 1669 e il terremoto del 1693 prima, l’opera dell’uomo poi, portarono alla scomparsa delle mura delle quali oggi esistono pochi resti.
Ieri come oggi, si accedeva alla città dall’antica Porta di Carlo V, visibile in piazza Pardo, che segna l’ingresso alla “Pescheria”, storico mercato catanese. Vicino la porta, detta anche dei Canali, prima che l’eruzione del 1669 li ricoprisse totalmente, si trovavano trentasei canali attraverso i quali il fiume Amenano confluiva in mare.
Volgendo lo sguardo ai palazzi che costeggiano la via Dusmet potrai ammirare come le mura cinquecentesche siano state inglobate nella più recente architettura.
Poco distante trovate la porta Uzeda costruita dopo il terremoto del 1693 per volere del Duca di Camastra, incaricato della ricostruzione della città. Sebbene inserita nell’impianto delle fortificazioni, si tratta in realtà di un monumento celebrativo.
Immagina che, un tempo, chi usciva da Catania attraverso porta Uzeda trovava davanti a sé lo splendido blu dello Ionio a bagnare le coste catanesi. Il mare è oggi celato alla vista dalle nuove costruzioni, ma la sua presenza è costantemente ricordata dal profumo che avvolge chi passeggia per le vie del centro. Alla destra delle porte si estendevano poi le campagne coltivate mentre a sinistra si trovava, e si trova ancora oggi, il Porto.
LA SCOMPARSA DELLE MURA E DEI BASTIONI A CATANIA
Le mura e, conseguentemente, i bastioni e le porte, inseguito alle devastazioni di fine Seicento (colata lavica nel 1669 e terremoto nel 1693), furono quasi interamente distrutte ma la loro scomparsa definitiva si deve al piano di rinnovo urbano del XVIII secolo quando, agli inizi del XVIII secolo, il duca di Camastra fece allargare un’apertura vicina alla piazza del Duomo, facendo realizzare la porta scenografica che venne intitolata al viceré duca di Uzeda. Ancora oggi è evidente, lungo il tratto nord della Via Plebiscito, il percorso della cinta tra il Bastione degli Infetti, sito all’Antico Corso, e il Bastione del Tindaro, sul cui tratto si addossava il complesso monastico di San Nicolò l’Arena con l’omonima chiesa; in queste zone sorgevano anche il Bastione San Giovanni e il Bastione Sant’Euplio.
Andarono invece completamente inghiottiti dalla lava il Bastione San Giorgio e il Bastione Santa Croce, nei pressi del Castello Ursino; alla Civita, si trovavano il Bastione Don Perrucchio (nei pressi dell’attuale via del Vecchio Bastione) e il Bastione del Salvatore, detto anche Bastione Grande o di Porto Puntone, eretto nel 1552 e sito fra via Cardinale Dusmet e via Porta di Ferro (dall’omonima porta). Il Bastione San Giuliano sorgeva, invece, sul terreno dell’odierno Convitto Cutelli, mentre il Bastione San Michele (sito nei pressi di piazza Turi Ferro, anticamente piazza Spirito Santo) e il Bastione del Santo Carcere, accanto all’omonima chiesa di Sant’Agata, nella parte alta di via dei Cappuccini, chiudevano il cerchio difensivo attorno alla città.
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