LE PORTE A CATANIA PRIMA DELL’ERUZIONE DELL’ETNA DEL 1669
Le porte di Catania costituivano le vie d’ingresso alla città etnea attraverso la sua cinta muraria. Tali ingressi vennero realizzati in epoche diverse e la maggior parte venne demolita o andò perduta a seguito dell’eruzione dell’Etna del 1669.
Molte le aperture di epoca rinascimentale attribuibili al progetto del Ferramolino del 1550. Di esse l’unica ancora integra è la Porta di Carlo V, anticamente detta delli Canali
All’alba dell’eruzione del 1669 le porte civiche esistenti erano una dozzina, la maggior parte delle quali posteriori al 1550. Di queste appena quattro giunsero fino al 1833, sopravvivendo a colate e terremoti, ma a loro volta il numero venne ridotto nel corso del XIX secolo per opera umana.
Le Porte di Catania, costruite in diversi momenti storici, erano le vie d’ingresso alla città attraverso la sua cinta muraria. La maggior parte di esse venne demolita o andò perduta dopo l’eruzione dell’Etna del 1669. Diverse sono quelle costruite prima dell’eruzione: Porta della Decima, Porta di Carlo V, Porta de Vega, Porta di Ferro, Porta di Sardo, Porta della Consolazione, Porta del Sale ecc..
LA PORTA DELLA DECIMA
Tra le antiche porte di Catania, una delle più importanti è sicuramente Porta della Decima, famosa anche con il nome di Porta Siracusa, perché attraverso essa si imboccava la strada principale per la città aretusea. Si trova in Via Naumachia 1 Catania!
Eretta per sostituire la più antica Porta Ariana, di questo pezzo di storia vi è già certezza in epoca medievale: sotto Porta della Decima, camminarono infatti i ribelli della città, contro re Federico. Secondo quanto riportato da Sebastiano Ittar nella sua Pianta topografica della città di Catania la Porta della Decima era nota anche come Porta Siracusa e nasceva in sostituzione dell’antica Porta Ariana. La sua esistenza è certa nel Medioevo, in quanto al di sotto di tale ingresso vi passarono i catanesi ribelli al re Federico in umiliazione sotto un arco di spade. Qui, dato il nome, avveniva il pagamento della decima, ossia un decimo del raccolto che veniva versato come tributo al sovrano. Ancora integra nel 1883, venne demolita per lastricare l’antistante piazza San Giuseppe, oggi titolata piazza Carmelo Maravigna.
Il singolare nome si deve letteralmente al tributo della decima: un decimo dei prodotti del raccolto doveva infatti essere ceduto dai contadini al sovrano, come tassa, e visto che tale porta definiva proprio l’accesso alle campagne, nessun nome era più adatto.
La Porta della Decima o Porta Siracusa prende il nome dagli adiacenti magazzini delle decime, cioè della tassa del 10% da versare alla curia vescovile, applicata a tutte le merci provenienti dall’entroterra e che arrivavano in città attraverso questo ingresso. Si trovava a settentrione della chiesa di San Giuseppe al Transito, alla fine dell’attuale via Naumachia. Era di disegno arabo con ornamenti di tipo bizantino. Con la Porta di Carlo V era considerata una delle porte più belle di città. Fu demolita dopo il 1860.
LA PORTA DI CARLO V O DELLI CANALI
Conosciuta in passato con il nome di Porta delli Canali dall’omonima fontana. La porta è l’unica ancora esistente tra le sette che costituivano la cinta muraria. La presenza della lapide commemorativa e la sua posizione fanno pensare che fu destinata per essere la principale apertura a sud.La Porta delli canali o di Carlo V è la sola porta delle cinquecentesche mura di Carlo V che si conserva intatta alla Pescheria. Era collegata con un abbeveratoio con una fonte a sette canali e portava alla marina. Qui sgorgava anche l’Amenano, il fiume, poi interrato dal terremoto, che oggi riemerge nella fontana detta dell’«acqua ‘o linzolu».
La porta si apriva su una piazza larga da cui si accedeva alla strada che correva lungo le mura, fatta costruire da Lanario e per questo detta «Lanaria». Da questa porta il 4 febbraio usciva il fercolo di Sant’Agata per il giro esterno della città. La grande apertura, realizzata con largo uso di blocchi lavici ben squadrati provenienti probabilmente da un non ben identificato monumento antico, fa verso all’arte classica di cui sono evidenti citazioni le lesene a capitello tuscanico e il registro metopale che esse reggono.Su tutto una lapide marmorea incisa in caratteri e lingua latina che esprime il desiderio di Carlo V di dotare di mura la città di Catania, donde l’attuale nome. Un tempo aperta e ben visibile, a seguito della ricostruzione settecentesca venne inglobata da una fabbrica del sovrastante Seminario dei Chierici. La posizione e la presenza della lapide commemorativa, nonché l’interesse del Lanario di abbellire questo tratto di mura fanno pensare che la Porta fu destinata per essere la principale apertura a sud, in sostituzione della Porta del Porticciolo e della Porta della Decima.
del Seminario dei Chierici. Può essere considerata di grande pregio e valore poiché è sopravvissuta al devastante terremoto del 1693; infatti, proprio per questo motivo, si trova ad un livello più basso.
IL NOME DI PORTA DELLI CANALI
Nota in passato come Porta delli Canali, prendeva il nome dall’omonima fontana sulla quale si affacciava, è l’unica porta superstite. La monumentale Fontana dei 36 Canali da cui prese in passato il nome venne realizzata nel 1621, dietro un preciso piano di abbellimento e decoro voluto da don Francesco Lanario Duca di Carpignano, sulle mura di fronte alla Porta e sopra di essa stava una sorta di tribuna adornata con pitture che raffiguravano la storia del dio fluviale Amenano, ma venne distrutta poi dall’eruzione del 1669. Oggi una fontana ben più ridotta, la Fontana dei Sette Canali rimane a ricordo di quella maggiore in piazza Alonzo di Benedetto, non distante dalla Porta di Carlo V.
Alle spalle della fontana dell’Amenano si apre piazza Alonzo di Benedetto, conosciuta non solo perchè ospita l’antica pescheria, ma anche perché vi è ubicata l’antica fontana dei Sette Canali.
Quest’ultima, costruita nel 1912, si trova a fianco della gradinata che costeggia la fontana dell’Amenano ed è incastonata in un’ampia arcata incavata nella parte laterale del Palazzo.
LA PORTA DE VEGA O DEL PORTICELLO
La Porta Vega o del Porticello, ubicata nell’attuale via Porticello, era situata nella cortina tra il Vescovado e il Palazzo Biscari alla Marina. Fu costruita nel 1552 da Vega «per il commercio del carico dei formenti e delle feluche e barche, aveva in avanti il porto saraceno». Sul frontespizio vi era uno stemma degli aragonesi, oggi conservato al museo civico di Castello Ursino. Dopo il terremoto del 1693, quando la città fu ricostruita, su questo tratto di mura – uno dei pochi conservati – ebbero il privilegio di costruire i propri palazzi il vescovo e il principe di Biscari, edifici che possiamo ammirare ancora oggi.
La Porta De’ Vega viene aperta nel XVI secolo tra le mura rinascimentali che circondavano la città alla Marina. Essa sorgeva in sostituzione della Porta del Porto, situata in piena Civita, presso l’attuale Barilai. Stretta tra i due palazzi dell’Arcivescovato (a est) e Biscari alla Marina (ovest), si presentava artisticamente ricca di elementi rinascimentali, tra cui un elegante frontone. Demolita nel 1842 per debellare il colera nel quartiere Civita, di essa rimangono pochissimi elementi identificativi e un ricco repertorio iconografico sei e settecentesco.
Nota anche come Porta Saracena e riedificata nel 1553, sostituiva una porta più antica – la Porta del Porto – e prendeva il nome dal viceré Juan de Vega cui fu dedicata. L’altro appellativo si deve invece al Porto Aragonese, detto anche Porticciolo o Porto Saraceno, appunto, in quanto ritenuto eretto dai musulmani durante la loro dominazione in Sicilia. Nel Settecento fu oggetto di discordia tra l’Arcidiocesi e la famiglia Paternò Castello, entrambe le parti confinanti con la Porta e interessate al suo controllo. Venne demolita nel corso del XIX secolo per l’ampliamento della viuzza che da essa giungeva al porto, oggi via del Porticello.
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