LA STORIA DEL CASTELLO URSINO A CATANIA
Il Castello Ursino fu edificato nella prima metà del XIII secolo per volere del re Federico II di Svevia e doveva rappresentare un baluardo difensivo, in particolare dagli attacchi via mare e il simbolo del potere svevo in città. Il nome “Ursino” probabilmente deriva da sinus, ovvero golfo: ciò perché il Castello si trovava su un impervio promontorio affacciato sul mare di Catania. Durante il periodo dei Vespri siciliani, qui vi ebbe la sede il parlamento e, successivamente, il castello divenne la dimora dei sovrani aragonesi, fra cui spicca il nome dell’illustre Federico III.
Oggi qui è collocato il Museo civico di Catania, costituito essenzialmente dalle collezioni di Biscari e dei monaci Benedettini. Spiccano su Piazza Federico di Svevia il rigoroso schema geometrico di questo castello, che è segno rappresentativo del razionalismo architettonico del periodo svevo. Il simbolo svevo si nota nell’aquila che tiene tra le sue grinfie una lepre.
LA COSTRUZIONE DEL CASTELLO URSINO
Il Castello Ursino fu voluto da Federico II di Svevia e sorse fra il 1239 ed il 1250. L’imperatore aveva pensato il maniero all’interno di un più complesso sistema difensivo costiero della Sicilia orientale (fra gli altri anche il castello Maniace di Siracusa e quello di Augusta sono riconducibili allo stesso progetto) e come simbolo dell’autorità e del potere imperiale svevo in una città spesso ostile e ribelle a Federico.
Il progetto e la direzione dei lavori furono affidati all’architetto militare Riccardo da Lentini che lo realizzò su quello che allora era un imprendibile promontorio di roccia sul mare, collegata con un istmo alla città ed alle mura cittadine. Fu dotato anche di un imponente fossato e ponte levatoio. Probabilmente il nome di “Ursino” dato al castello deriverebbe da Castrum Sinus ovvero il castello del golfo.
LA STORIA DEL CASTELLO URSINO
Il Castello Ursino fu probabilmente voluto da Federico II di Svevia e costruito non prima del 1239. Il maniero ebbe una certa visibilità nel corso dei vespri siciliani, come sede del parlamento e, in seguito, residenza dei sovrani aragonesi fra cui Federico III. L’imperatore aveva probabilmente pensato il maniero all’interno di un più complesso sistema difensivo costiero della Sicilia Orientale, e simbolo dell’autorità e del potere imperiale svevo in una città spesso ostile e ribelle a Federico. Il progetto e la direzione dei lavori furono affidati all’architetto militare Riccardo da Lentini.
Il primo sovrano a stabilirsi fu Roberto di Calabria, seguito da Pietro d’Aragona che vi convocò il primo Parlamento siciliano nel 1283. I reali aragonesi adibirono la semi-torre meridionale a cappella, dedicandola a San Giorgio, dotandola di uno splendido portale gotico-catalano.
All’interno del castello si vissero alcuni dei momenti più importanti della guerra del Vespro. Nel 1295 vi si riunì il Parlamento Siciliano, che dichiarò decaduto Giacomo II ed elesse Federico III a re di Sicilia. Nel corso del 1296 il castello fu preso da Roberto d’Angiò e successivamente espugnato nuovamente dagli aragonesi. Re Federico abitò a partire dal 1296 il maniero, facendone la corte aragonese e così fecero anche i successori Pietro, di Ludovico, Federico IV e Maria. Inoltre la sala dei Parlamenti fu nel 1337 anche la camera ardente per la salma di re Federico III. Nel 1347 all’interno del castello venne firmata la cosiddetta Pace di Catania fra Giovanni di Randazzo e Giovanna d’Angiò.
LE EPOCHE SUCCESSIVE
Tra i secoli XV e XVI, il castello divenne residenza dei vicerè spagnoli e visse un periodo di grandi trasformazioni strutturali, soprattutto per iniziativa di Giovanni de Vega: grandi finestre in stile rinascimentale vennero aperte sulla facciata interna del lato sud e furono aggiunte nuove fortificazioni, le più importanti delle quali devono considerarsi i bastioni San Giorgio e Santa Croce.
Dalla fine del ‘500 il castello entrò in una fase di declino, fu utilizzato come carcere, specie nei locali del piano terra. Alcuni graffiti lasciati dai prigionieri sono visibili sulle pareti della corte interna.
Le catastrofi naturali del XVII secolo determinarono l’aspetto attuale del Castello Ursino: la colata lavica del 1669 coprì i bastoni e le basi a scarpa delle torri, ma soprattutto alterò la linea di costa con conseguente perdita della posizione strategica della fortezza. A soli ventiquattro anni dall’eruzione, il terremoto del 1693 danneggiò ulteriormente la struttura facendo crollare le semi-torri ad est, a sud ed il torrione di sud est.
Nel corso del XVII secolo, il Castello Ursino venne utilizzato come sede delle guarnigioni di Vittorio Amedeo di Savoia ed in età napoleonica riacquistò il ruolo di fortezza a difesa della città. A questo periodo risalgono le sopraelevazioni, che interessano tutti i lati della struttura, ad esclusione di quello settentrionale.
Nel 1818 un sisma danneggiò ancora il castello. Nel 1837 Ferdinando II di Borbone vi stabilì le proprie truppe e ne cambiò il nome in “Forte Ferdinandeo”. Il castello passò al Demanio Regio nel 1860 e fu utilizzato come caserma fino agli inizi del ‘900.
Nel 1932 ebbero inizio i lavori di restauro affidati a Guido Libertini, nel corso dei quali vengono eliminate le tramezzature dell’ala nord e riportate a vista le semi-colonne addossate alle pareti e le volte a crociera, viene ripristinata la torre di sud-est e creata la scala in stile catalano nel cortile. Dopo il restauro, ultimato nel 1934, il Castello Ursino fu aperto al pubblico come sede del Museo Civico di Catania.
Gli ultimi lavori di restauro ebbero luogo nel 1988 per il recupero filologico della costruzione.
IL CASTELLO SEDE REALE
Il castello Ursino fu dimora reale dei sovrani del casato Aragona di Sicilia (ramo parallelo siciliano del casato di Barcellona) e ospitò tutti i re da Federico III e tutti i suoi discendenti fino al 1415 ospitò la regina Bianca d’Evreux di origine normanna ma ereditaria del regno di Navarra sposa di Martino I di Sicilia (deceduto nel 1409).
Finiti i Vespri, il castello, dimora di Maria di Sicilia, fu teatro del rapimento della regina da parte di Guglielmo Raimondo Moncada nella notte del 23 gennaio 1392, per evitare il matrimonio con Gian Galeazzo Visconti. Con l’avvento di Martino I di Sicilia il castello divenne nuovamente corte del regno.
Alfonso il Magnanimo riunì il 25 maggio del 1416, nella sala dei Parlamenti del castello i baroni e i prelati dell’isola per il giuramento di fedeltà al Sovrano e fino al 30 agosto vi si svolsero gli ultimi atti della vita politica che videro Catania come città capitale del regno. Nel 1434 lo stesso re Alfonso firmò nel castello l’atto con cui concedeva la fondazione dell’università degli Studi di Catania.
Nel 1460 si riunirà nel castello Ursino il primo Parlamento del periodo aragonese-castigliano presieduto dal viceré Giovanni Lopes Ximenes de Urrea. Inoltre al suo interno morì nel 1494 don Ferdinando de Acuña viceré di Sicilia. Verrà sepolto in Cattedrale, nella cappella di Sant’Agata.
Nel XVI secolo venne costruito un bastione detto di San Giorgio a difesa del castello ed eseguite alcune modifiche in stile rinascimentale.
Sede dei regnanti successivi, intorno al XVI secolo cominciò a perdere d’importanza a livello militare, colpa l’introduzione della polvere da sparo. Con l’eruzione avvenuta l’11 marzo 1669 la sua rilevanza strategica venne meno. Infatti la lava, che formò due braccia circondando la costruzione, generò centinaia di metri di terra allontanando notevolmente la costa. Dal XVI secolo, con l’introduzione della polvere da sparo, il castello vide sempre più indebolito il suo ruolo militare, diventando temporaneamente dimora di viceré, e più costantemente del castellano, mentre una parte di esso fu adibito a prigione.
LA RICOSTRUZIONE DOPO LE CATASTROFI NATURALI
L’11 marzo 1669 da una frattura sopra Nicolosi cominciò la più imponente eruzione dell’Etna di epoca storica, che dopo aver distrutto orti e casali, giunse alle mura della città, che riuscì a superare da Nord-Ovest, nella zona del Monastero dei Benedettini, per poi dirigersi verso il Bastione di San Giorgio. Il 16 aprile la lava arrivò attorno al castello e pur non intaccandone le strutture colmò il fossato, coprì i bastioni e spostò per alcune centinaia di metri anche la linea di costa. Qualche tempo dopo anche il terremoto del 1693 provocò una serie di danni alle strutture, compromettendo definitivamente il ruolo militare del castello. Ristrutturato, continuò ad ospitare le guarnigioni militari prima piemontesi (1714) e quindi borboniche, assumendo anche il nome di Forte Ferdinandeo. Rimase tuttavia prigione fino al 1838, quando il governo borbonico riconoscendone il ruolo come fortilizio, vi apportò restauri e vi aggiunse nuove fabbriche che finirono con l’occultare sempre più l’originaria struttura sveva.
In tale stato il maniero rimase fino agli anni 30 del Novecento, quando fu oggetto di un radicale restauro, in vista della sua trasformazione in Museo. Dal 1930 furono iniziate attività di restauro allo scopo di restituirgli il vecchio splendore storico, tramutandolo in museo.
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