LE ALTRE PORTE A CATANIA
Prima di giungere al Porto, dopo la porta di Carlo V, una seconda porta segnava l’ingresso alla città cinquecentesca. Era la Porta Vega, così chiamata in onore del viceré Juan de Vega. La porta situata nell’attuale via del Porticello era conosciuta anche come Porta del Porticello o Saracena per via della sua vicinanza al porto aragonese, detto anche porticciolo o porto saraceno. Le mura proseguivano sino via porta di Ferro, dove sorgeva l’omonima porta. Dello stesso materiale erano i battenti della costruzione, andata distrutta in seguito alla decisione di ampliare la via sulla quale la stessa sorgeva.
Tra le due porte, i bastioni Don Perrucchio e Del Salvatore, che si affacciavano sul mare, svolgevano il ruolo strategico di difendere la città dalle frequenti incursioni turche.
Continuando lungo la via Porta di Ferro, un tempo costeggiata dal mare, giungete nell’attuale piazza Cutelli. Qui il bastione San Giuliano era posto a difesa della città dal lato nord-orientale. A ovest, invece, il bastione era collegato alla Porta S. Orsola che prendeva il nome dalla vicina chiesa in piazza Scammacca, alle spalle dell’odierno Teatro Massimo. Poco distante, la piazza Spirito Santo accoglieva il bastione San Michele, sistema difensivo settentrionale della città, che deve il suo nome ad una chiesa non più esistente.
LA PORTA DEL PORTO
Della Porta del Porto è certa la sua presenza nel Medioevo, nasceva per garantire un accesso alla città dal piccolo Porto Aragonese. L’accesso era sotto la giurisdizione della famiglia dei Platamone, arricchitasi proprio grazie alle concessioni portuali. Venne abbattuta insieme al tratto di mura su cui si affacciava per la realizzazione della nuova cortina cinquecentesca che circondava il quartiere Civita il quale, in espansione, vedeva nel vecchio tratto di mura un pesante limite. La sua incerta ubicazione dovette essere non lontana dall’attuale piazza Duca d’Aosta.
Certa la sua presenza nel Medioevo, nasceva per garantire un accesso alla città dal piccolo Porto Aragonese. L’accesso era sotto la giurisdizione della famiglia dei Platamone, arricchitasi proprio grazie alle concessioni portuali. Venne abbattuta insieme al tratto di mura su cui si affacciava per la realizzazione della nuova cortina cinquecentesca; quest’ultima circondava il quartiere Civita il quale, in espansione, vedeva nel vecchio tratto di mura un pesante limite. La sua incerta ubicazione dovette essere non lontana dall’attuale piazza Duca di Genova.
LA PORTA DELLA CONSOLAZIONE
Probabilmente medioevale, si apriva poco oltre il Bastione di San Giovanni. La sua distruzione avvenne con l’eruzione del 1669 la cui colata entrò da questa porta per fermarsi parecchi metri all’interno, presso la piazza Santi Cosma e Damiano, oggi titolata piazza Niccolò Machiavelli.
LA PORTA DEL SALE
Eretta nel sistema difensivo del fossato del Castello Ursino nel corso del XVI secolo, anch’essa venne demolita totalmente dall’eruzione secentesca. Non è chiara l’esatta ubicazione, quasi certamente nella zona occidentale di piazza Federico II di Svevia. Qui avveniva il deposito, il controllo e la tassazione del sale destinato al castellano il quale a sua volta ripartiva il minerale ai cittadini. La colata che la inghiottì giunse a riempire per intero il profondo fossato.
LA PORTA DI MEZZO
Altra porta di incerta origine, di questa conosciamo la presenza in epoca medioevale, giacché nel 1233 venne decorata con l’affresco di Santa Maria delle Grazie e di Sant’Agata avvocata dei catanesi. Si trovava presso la chiesa di Santa Maria delle Grazie nella via omonima e andò perduta definitivamente nel corso del XIX secolo.
LA PORTA DEL TINDARO (O DELL’ARCORA)
Verosimilmente realizzata nel XIV secolo sul tratto di mura a nord-ovest, dove oggi è ubicato l’Ospedale Vittorio Emanuele II, e andata distrutta dalla colata del 1669. Questa porta non era connessa al sistema viario principale, così non sempre viene menzionata dalla cartografica cinque e secentesca. Una veduta di anonimo, conservata nella Biblioteca Angelica di Roma, datata al 1584 la riporta al numero 37 e in leggenda quale la porta del Tindaro, mentre nel rilievo di Filippo Negro è riportata al numero 20 con la legenda Porta del arcora; il nome dunque appare legato alla denominazione del vicino bastione.
LA PORTA DELLA GIUDECCA
Di questa Porta se ne suppone l’esistenza, ma non si hanno notizie certe su posizione o età di realizzazione. Certamente in uso nel Medioevo collegava la Giudecca di Catania al relativo cimitero che si trovava fuori dalle mura civiche. Trovandosi il primo nucleo della Giudecca nel quartiere della Cipriana (questa porta potrebbe essere coincisa con la precedente Porta del Tindaro.
Verosimilmente realizzata nel XIV secolo sul tratto di mura a nord-ovest, dove oggi è ubicato l’Ospedale Vittorio Emanuele II, è andata distrutta dalla colata del 1669. La posizione prossima al quartiere della Cipriana e di conseguenza alla Judeca Suprana potrebbe portare a identificarla con la predetta Porta della Giudecca. I due quartieri noti si trovavano prevalentemente nella zona a sud della città.
1) LA GIUDECCA SUPRANA
Il primo quartiere era detto Judeca Suprana (Iodeka Supran, Giudecca superiore) o in siciliano Judeca di Susu e corrispondeva al Piano della Cipriana, quartiere che dopo l’esilio degli Ebrei dalla Sicilia venne acquisito dai Padri Benedettini che nel 1558 iniziarono, alla presenza del viceré di Sicilia Juan de la Cerda, duca di Medinaceli, il primo impianto di quello che sarebbe poi stato il maggiore convento del Regno. Il quartiere si estendeva tra le attuali via della Cipriana (è una piccola traversa di via Quartarone), via Maura (in ebraico significa Moro), piazza Dante e il convento benedettino. In via Sant’Anna era la mezkita di questo quartiere, termine ebraico-medioevale che indicava la sinagoga.
2) LA JUDEA SUTTANA.
Il secondo era invece la Judeca Suttana (Iodeka Sutanah o Giudecca inferiore) detta anche Judeca di Jusu, dov’è oggi la Pescheria: qui infatti dovette pure esserci un grande mercato del pesce. La zona era piuttosto paludosa e talora malsana a causa della presenza del fiume Amenano che qui scorreva a vista e prendeva il nome di Judicello, propriamente a causa della Giudecca. Interessante notare come nella cartografia della Sicilia di XVI e XVII secolo il fiume fosse sempre segnalato con tale nome e mai come Amenano. Era compreso tra le attuali chiesa di Sant’Agata alle Sciare, la Pescheria (più precisamente presso il Pozzo di Gammazita) e via Marano. La sinagoga di questo quartiere era ubicata dov’è oggi la via Recupero, presso la chiesa dei SS. Cosma e Damiano.
La dislocazione della comunità ebraica si può desumere anche dalla toponomastica: via Marano viene propriamente da marrano, cioè il termine dispregiativo riferito agli Ebrei convertiti al Cristianesimo, mentre via Gisira viene dal termine islamico jizia, la tassa cioè che veniva versata per la libertà di culto. Indirettamente invece via Santa Maria della Catena indica la presenza della giudecca: infatti in Sicilia tutti i toponimi che indicano catena e le chiese titolate Santa Maria della Catena sono rispettivamente contrade abitate in quel tempo da giudei e sedi d’antiche sinagoghe.
LA PORTA DELLA BELLEZZA
E’ la più grande scultura in terracotta del mondo!
Novemila forme di terracotta per 12 opere monumentali realizzate da artisti nazionali. A Librino, quartiere satellite della città di Catania, un muro di cemento armato lungo tre chilometri che fa da spartitraffico tra Viale Castagnola e viale Librino è stato trasformato da un progetto artistico e sociale di Antonio Presti, mecenate siciliano, già noto per aver realizzato la Fiumara d’Arte a Tusa, in provincia di Messina.
Le opere, ispirate alla tematica della “Grande Madre”.e abbinate a testi poetici, sono state applicate su una superficie di 500 metri di muro, che attraversa il quartiere periferico di Librino e lo “taglia” in due. L’Arte come strumento per far acquisire la coscienza dell’identità di un luogo e dei suoi abitanti: coinvolte nove scuole elementari e medie del quartiere con 10.000 allievi. Gli artisti ed i poeti hanno infatti lavorato per più di due anni direttamente nelle scuole con 2000 bambini. Le forme di terracotta sono state modellate e firmate dagli alunni, divenuti così “giovani autori”, con lo scopo di renderli protagonisti di un percorso artistico-etico di cambiamento della storia del quartiere.
Questa grande opera è un muro di circa 500 metri. Essa divide in due parti il quartiere. La sua peculiarità sta proprio nel materiale utilizzato ovvero la terracotta. La porta è costituita da 13 opere monumentali e 900 forme di terracotta. Esse sono state create tramite la collaborazione tra artisti, alunni dell’Accademia delle Belle Arti e 10000 alunni di Librino.
Lo sfondo del muro, di un blu intenso, mette in risalto le sculture in rilievo. Il tema trattato dall’ opera è “La grande madre” I soggetti rappresentati sono soggetti astratti o donne. Questi rimandano al concetto di prosperità e rinascita tramite l’arte. La Porta contiene anche delle frasi poetiche.
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