I MIRACOLI ATTRIBUITI A SANT’AGATA
Un miracolo in teologia, è un evento straordinario, al di sopra delle leggi naturali, che si considera operato da Dio direttamente o tramite una sua creatura. Nel linguaggio comune, per estensione, il termine miracolo indica anche un fatto eccezionale, che desta meraviglia. Colui che si ritiene abbia compiuto dei miracoli di natura medica è detto taumaturgo.
I MIRACOLI ATTRIBUITI A SANT’AGATA
S. Agata compì tanti miracoli. Riportiamo i più emblematici, che testimoniano del grande amore di S. Agata per la sua città.
Molti sono i miracoli attribuiti a sant’Agata nel corso dei secoli:
- Appena un anno dopo la sua morte, nel 252, Catania venne colpita da una grave eruzione dell’Etna. L’eruzione ebbe inizio il giorno 1^ febbraio e aveva già distrutto alcuni villaggi alla periferia di Catania. Il popolo andò in cattedrale e, preso il velo che cingeva il sepolcro di Sant’Agata, lo portò in processione nei pressi della colata. Quel Velo fu opposto al fuoco che avanzava inesorabile e l’eruzione, iniziata il 1 di febbraio, si arrestò il 5 febbraio, giorno dell’anniversario del Martirio. Da questo momento ha inizio il Patrocinio di S. Agata sulla città di Catania Questa, secondo la tradizione, si arrestò dopo breve tempo. Era il giorno 5 febbraio, la data del martirio della vergine catanese.
- Secondo la tradizione il Velo virginale di S. Agata, lungo m. 4 e largo cm. 50, originariamente sarebbe stato di colore bianco, segno di candore, quel candore di vita a cui la Santa non venne mai meno. Secondo la leggenda, appena esso fu posto a contatto con la lava diventò rosso fuoco, il colore che ancora si osserva. Esso sta, oggi, racchiuso in un prezioso e artistico reliquiario.
- Santa Lucia, di Siracusa, quasi coetanea di Agata, andò con la madre gravemente ammalata a pregare sulla tomba di Agata per implorarne la guarigione. Narra la leggenda che Lucia, mentre pregava, ebbe una visione nella quale Sant’Agata le disse «perché sei venuta qui quando ciò che mi chiedi puoi farlo anche tu? Così come Catania è protetta da me, la tua Siracusa lo sarà da te.» La madre di Lucia guarì, e la giovane dopo poco venne martirizzata, il 13 dicembre.
- Nel 1169 Catania fu scossa da un disastroso terremoto nel giorno 4 febbraio alle ore 21 quando molti cittadini catanesi erano radunati nella cattedrale per pregare in onore della Santa. La città fu quasi tutta rasa al suolo e si registrarono migliaia di morti. I pochi catanesi rimasti, confidando nella Patrona, prelevarono il Velo di S. Agata; solo così la furia della natura sembrò placarsi definitivamente. Nel crollo della cattedrale morirono il vescovo Giovanni Aiello e 44 monaci, oltre a un numero imprecisato di fedeli. Nei giorni seguenti altre scosse di terremoto e maremoto imperversarono sulla città. La tradizione vuole che il terremoto sia cessato soltanto quando i cittadini presero il velo della Santa e lo portarono in processione.
- Secondo le leggende più di quindici volte, dal 252 al 1886, Catania è stata salvata dalla distruzione da parte della lava, ed è poi stata preservata nel 535 dagli Ostrogoti, nel 1231 dall’ira di Federico II, e nel 1575 e nel 1743 dalla peste.
LA LIBERAZIONE DELL’ECCIDIO
- Il 25 luglio 1127 i Mori presero d’assedio le coste siciliane. Dove approdavano erano stragi, massacri e rapine. Quando stavano per assalire la costa catanese, gli abitanti della città ricorsero all’intercessione di Sant’Agata e, secondo la leggenda, la grazia non tardò: Catania fu risparmiata da quel flagello.
- Nel 1231 Federico II di Svevia era giunto in Sicilia per assoggettarla. Molte città si ammutinarono e Catania fu tra queste. Federico II furente ne ordinò la distruzione, ma i catanesi ottennero che, prima dell’esecuzione di quello sterminio, in cattedrale venisse celebrata l’ultima messa, alla quale presenziò lo stesso Federico II. Fu durante quella funzione che il re svevo, sulle pagine del suo breviario, lesse una frase, comparsa miracolosamente, che gli suonò come un pericoloso avvertimento: noli offendere Patriam Agathae quia ultrix iniuriarum est. Immediatamente abbandonò il progetto di distruzione, revocò l’editto e si accontentò soltanto che il popolo passasse sotto due spade incrociate, pendenti da un arco eretto in mezzo alla città. A Federico bastò un atto di sottomissione e lasciò incolumi i cittadini e Catania, salvata per l’intercessione della Madonna delle Grazie e di Sant’Agata. La città tradizionalmente ricorda questo evento con un bassorilievo di marmo che si trova oggi all’ingresso del Palazzo comunale e raffigura Agata, seduta su un trono come una vera regina, che calpesta il volto barbuto di Federico II di Svevia.
LA LAVA E I TERREMOTI
- Nel 1169 un terremoto fece da preludio a una tremenda eruzione. Un fiume di lava, scorrendo per i pendii dell’Etna e allargandosi per le campagne, distruggeva ogni cosa al suo passare e avanzava inarrestabile verso la città. Ma, come era avvenuto un anno dopo la morte di Sant’Agata, una processione col sacro velo bloccò il fiume di lava. Miracoli simili i catanesi li ottennero anche nel 1329, nel 1381, nel 1408, nel 1444, nel 1536, nel 1567 e nel 1635.
- Nel 1444 si verificò una grave eruzione lavica a bassa quota. La lava stava per investire in pieno un villaggio sito a pochi chilometri della città. Il monaco domenicano D. Pietro Geremia, seguito dal Clero e dal popolo, portò il Velo di S. Agata incontro al fuoco. La lava, miracolosamente, prima cambiò direzione. Da allora questo villaggio assunse il nome di “Sant’Agata li Battiati”.
- Ma l’eruzione più disastrosa avvenne nel 1669: Nel marzo del 1669 (e fino a giugno), squarciatosi nella contrada di Nicolosi il fianco Nord-Ovest del vulcano, cominciò una delle più imponenti eruzioni laviche che la storia ricordi. Il magma incandescente fuoriusciva velocissimo travolgendo molti paesi e si dirigendosi minaccioso verso Catania. Una serie di bocche si aprirono lungo i fianchi del vulcano, che eruttò lava e lapilli per sessantotto giorni. La lava distrusse molti centri abitati e giunse fino in città, circondando il fossato del Castello Ursino. Ad aprile, il fiume di fuoco era già alle porte della Città e i catanesi si strinsero attorno alle Reliquie agatine. Il Castello Ursino fu attorniato dalla lava ma, con grande sorpresa, essa cambiò direzione. Si trattò d’un autentico miracolo, ricordato nei secoli da storici, scrittori e poeti.
Nella sacrestia della cattedrale un affresco, realizzato dieci anni dopo l’eruzione da chi aveva vissuto in prima persona quei tragici momenti, descrive le scene quasi apocalittiche di quella distruzione. Quando il magma era giunto a una distanza di trecento metri dal duomo, miracolosamente scansò i luoghi in cui Sant’Agata era stata imprigionata, aveva subito il martirio e dove poi era stata sepolta, per andare a scaricarsi in mare e proseguire per più di tre chilometri. Sembrò chiara la volontà della Santa catanese di salvare i luoghi che appartenevano alla sua storia e al suo culto.
- A quella terribile eruzione è legato anche un altro evento prodigioso: un affresco, che raffigurava Sant’Agata in carcere, e che si trovava in un’edicola fuori le mura della città, fu trasportato intatto dal fiume di lava per centinaia di metri. Ora quel dipinto si trova sull’altare maggiore della chiesa di Sant’Agata alle Sciare, a Catania. Dono di ringraziamento per aver salvato la città dalla distruzione è la grande lampada votiva d’argento che si trova al centro della cappella di Sant’Agata nella cattedrale e che Carlo II di Spagna volle offrire alla patrona della città.
- Nel 1693 un violento terremoto fece tremare Catania. L’11 gennaio del 1693 Catania fu scossa da un terrificante remoto. La città fu completamente distrutta. Subito dopo il sisma, una grande paura si impadronì dei superstiti, che volevano abbandonare la città. Il tesoriere Don Giuseppe Cilestri, miracolosamente salvatosi, presa una preziosa Reliquia di S. Agata e la portò al cospetto dei cittadini, per farli recedere dal loro proposito. Di fronte alle Sante Reliquie, i catanesi si convinsero e si rimboccarono le maniche, ricostruendo in poco tempo la loro città.
Ci furono diciottomila morti. Nessuno dei novemila superstiti dopo la catastrofe voleva più ritornare in città. Catania sarebbe diventata una città fantasma se un delegato del Vescovo, in processione con le reliquie di Sant’Agata, non avesse supplicato il popolo a rimanere e a ricostruire la città.
- Nel 1886 una bocca eruttiva si era aperta a Nicolosi, un centro abitato alle pendici dell’Etna. L’eruzione lavica minacciava nuovamente di arrivare in città. La situazione divenne subito drammatica per il paese di Nicolosi e i nicolositi invocarono il Santo Cardinale Dusmet di portare in processione il Velo di S. Agata davanti alla lava. Il beato cardinale Dusmet, il 24 maggio, portò in processione il velo di Sant’Agata e, benché la processione si fosse fermata in un tratto in discesa, il magma lavico si arrestò immediatamente. In quel punto, in memoria dello straordinario miracolo, sorge ora un piccolo altare. Quando ciò avvenne la lava si fermò, confermando ancora una volta che l’intercessione della Santa protettrice Agata aveva fatto un miracolo. Oggi sopra la pineta di Nicolosi, al confine con la località “Monti Rossi”, una cappella con la statua del Cardinale Dusmet ricorda l’avvenimento.
- Il 28 dicembre del 1908 una forte scossa sismica sveglia la città. Si temettero danni a case e persone ma, fortunatamente, a Catania l’evento riservò solo tanto spavento. Così invece non andò per Messina e Reggio Calabria ridotte in un cumulo di macerie. Alla notizia, molti catanesi partirono per prestare soccorso agli sventurati conterranei. La popolazione catanese, fortemente provata dall’avvenimento, memore del disastroso sisma che nel 1693 aveva atterrato la città, temette il ripetersi di quell’evento. Fu così che il Cardinale Arcivescovo Francica Nava, dalla Cattedrale alla chiesa di S. Agata al Borgo, percorrendo circa tre chilometri lungo la Via Stesicorea (oggi,Via Etnea) condusse in processione il miracoloso Velo agatino. Le temute scosse sismiche non si verificarono.
LA PESTE
In più occasioni a Sant’Agata è stata riconosciuto un intervento sulla città anche a protezione dalle epidemie.:
- Nel 1575 imperversò in Sicilia il terribile flagello della peste. I catanesi portarono per le vie della città il Sacro corpo di S. Agata. Giunti alla “Porta di Aci” la folla iniziò una preghiera corale al grido di “Viva S. Agata”. Si proseguì dalla mattina per tutta la giornata e fino a notte fonda. La mattina seguente, la virulenza del morbo sembrava già attenuarsi, fino a scomparire del tutto. Nel 1576, quando la peste cominciò a diffondersi poco lontano da Catania, il senato pensò di ricorrere all’intercessione della patrona. Le reliquie furono portate in processione lungo le vie della città e, una volta giunte accanto agli ospedali dove erano ricoverati gli appestati, essi guarirono e nessuno fu più contagiato.
- Nel 1743 una seconda ondata di peste stava per diffondersi da Messina anche a Catania. La popolazione cominciò a pregare con devozione S. Agata.). Le reliquie furono portate in processione e la peste cessò. In tale occasione Catania rimase indenne e i catanesi, gridando al miracolo, eressero nell’odierna piazza dei Martiri il monumento, una colonna romana (proveniente dal Teatro romano) sormontata da una effigie di che raffigura S. Agata in atto di schiacciare un serpente (la peste).
IL MONOGRAMMA “A” IMPRESSO NELLO STEMMA CIVICO
Il monogramma “A” che vediamo impresso nello Stemma civico, esposto nelle ricorrenze agatine nei frontoni del Palazzo Municipale e sul gonfalone dell’Università, è da ricollegare ad un miracolo compiuto dalla Santa nel 1357.
Nel maggio di quell’anno, infatti, si svolse nel Golfo di Ognina una cruenta battaglia che, visto l’esito, passò alla storia come “Scacco di Catania”. La flotta siciliana comandata dall’ammiraglio Artale Alagona, al grido “S. Agata e Alagona” sbaragliò gli avversari, capovolgendo a suo favore le sorti della cosiddetta “Guerra dei Novant’anni”, che dal 1282 al 1372 si combatté tra Napoli e la Sicilia.
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