LA LEGGENDA DEI FRATELLI PII A CATANIA
La nostra cara Catania ha una storia lunga, costellata di miti e leggende. Costituiscono uno dei tanti tasselli dell’immensa cultura cittadina che ancora oggi inorgoglisce i suoi abitanti conferendo alla città un tocco misterioso e affascinante. Tra queste, quella di Anfinomo e Anapia, i fratelli pii. La storia dei due fratelli Catanesi è emblematica per descrivere la “pietas”, la devozione alle tradizioni, di cui Catania è da sempre pregna.
In una eruzione del vulcano, il fuoco raggiunse ed incendiò Catania. Mentre gli abitanti cercavano di salvare le proprie ricchezze, i due fratelli pensarono solamente a porre in salvo i loro genitori. L’uno caricò il padre, l’altro la madre sulle spalle, fuggirono attraverso le fiamme che divoravano tutte le case della loro strada. Gli Dei, mossi dalla pietà filiale di questi due fratelli, fecero sì che le fiamme non li toccassero, imposta loro libero il passaggio.
LA LEGGENDA DEI FRATELLI PII
Ai piedi dell’Etna, a Catania, vivevano due fratelli, Anfinomo e Anapia insieme ai loro genitori. Una famiglia semplice di contadini che si distingueva per l’affetto che i due figli maschi, forti e vigorosi provavano nei confronti dei loro genitori molto anziani. Curavano la terra i due ragazzi, con dedizione e tanta devozione guadagnandosi da vivere onestamente con sudore e rigore caratteristico di chi vive dei frutti della terra.
Un giorno, mentre erano, come al solito, a lavoro nei campi, ci fu un’eruzione dell’Etna, molto violenta che minacciava di giungere fino alla loro casa in cui i genitori si dedicavano alle faccende domestiche. I due fratelli corsero a più non posso verso la loro abitazione, cercando di giungervi per avvertire i loro genitore e per evitare che accadesse l’irreparabile.
Arrivati nei pressi della casa i due giovani avvertirono madre e padre dell’infausto evento e li esortarono nel correre più velocemente possibile per salvarsi dalla sciagura. Ma i due genitori molto anziani non riuscivano a tenere il passo di Anfinomo e Anapia per cui, i due fratelli, senza perder tempo presero i genitori sulle spalle e presero a correre, anche se più lentamente.
La lava stava per raggiungerli, il peso era troppo grande per poter essere più veloci della natura violenta. Quando tutto sembrava ormai perduto, la lava si fermò vicina ai loro piedi, senza mai toccarli. Si dice che avvenne il miracolo proprio in virtù della pietà filiale, dell’amore incondizionato che i due ragazzi mostrarono per i propri genitori, quell’amore che gli avrebbe fatto rischiare la vita pur di destinare i propri cari alla salvezza.
LA PIETA’ DEI FRATELLI
Anfinomo e Anapia si resero tanto celebri per tale azione, che vennero chiamati “pii” e Siracusa e Catania iniziarono a disputarsi l’onore di aver loro dato culla e fecero gara nell’innalzare templi alla pietà filiale in memoria di tale avvenimento.
L’episodio, narrato nell’appendice virgiliana, era ben noto nell’antichità come esempio di pietas, cioè la devozione filiale. Era considerato un vanto di Catania ed era spesso rappresentato in monete battute in questa città.
La storia è considerata uno dei massimi esempi di pietas al punto da costituire motivo di vanto per il territorio di origine dei due protagonisti a cui tra le altre cose gli dedicarono delle monete sulle quali vennero raffigurati. La fama dei due giovani portò alla nascita della rivalità tra Siracusa e Catania che si contendevano i natali dei due giovani dando il via ad un vero e proprio derby disputato a suon di templi innalzati in onore dei due fratelli pii.
CHI ERANO ANFINOMO E ANAPIA
Anfinomo e Anapia sono due fratelli, protagonisti di un mito della mitologia greca. Vivevano a Catania, ai piedi dell’Etna.
La loro vicenda fu nota dall’antichità come esempio di pietas, cioè la devozione filiale. La ricerca delle più belle leggende siciliane ci porta oggi ai piedi dell’Etna, per raccontare la storia di Anfinomo e Anapia. La loro storia ha sempre affascinato tantissimo gli abitanti della Sicilia. Lo stesso Virgilio ne trasse ispirazione per due personaggi dell’Eneide. La leggenda dei fratelli Pii celebra un profondo sentimento di pietas che, ancora oggi, li rende un esempio più che positivo. Si narra che, ai piedi dell’Etna, vivesse una famiglia di agricoltori. I due figli maschi, forti e vigorosi, curavano la terra e si guadagnavano da vivere. Un giorno, mentre lavoravano nei campi, furono colti da una improvvisa eruzione, che minacciava di giungere fino al luogo in cui vivevano con i loro anziani genitori. Anfinomo e Anapia (in latino Pii fratres, cioè “fratelli pii” o fratres Catanenses, “fratelli catanesi”) decisero di fuggire.
Anfinomo e Anapia non sono in realtà i veri nomi dei protagonisti che tutt’oggi restano sconosciuti. Questi nomi di matrice greca ci vengono tramandati dallo storico Strabone; probabilmente un tentativo da parte dei padri della filosofia occidentale di accaparrarsi l’origine di questo mito.
La causa fu un’eruzione vulcanica che diverse fonti riportano come realmente avvenuta. I due fratelli furono costretti alla fuga inseguiti dalla lava ma, a differenza degli altri cittadini intenti a proteggere e portar via le ricchezze possedute, i nostri protagonisti si premurarono di portare in salvo i genitori vecchi e malati pur consapevoli del pericolo a cui andavano incontro. I corpi dei genitori portati in spalla rallentarono la fuga dei due fratelli al punto che il magma li raggiunse. Fu proprio in quel momento che gli dei, impietositi dalla tempra morale dei due giovani e decisero di deviare la lava pochi attimi prima che li inghiottisse per poi farla ricongiungere subito dopo, evitando così la tragedia.
IL FASCINO DELLA LEGGENDA PER I SICILIANI
Pare che la leggenda affascinasse profondamente il popolo sicano, che era solito raffigurare i due fratelli sulle monete. Lo stesso Virgilio si sarebbe poi ispirato ai due personaggi etnei per il suo Enea. Esiste un curioso legame, a tratti inspiegabile, che unisce i catanesi alla loro Etna, un legame strano, fatto certo di timore e di reverenziale rispetto, ma anche di affetto, fiducia e attaccamento. Sebbene difficile da spiegare, questo nodo indissolubile tra la “Montagna” e i suoi cittadini si dipana attraverso la storia, tra racconti popolari, miti e leggende più o meno veritieri, in cui il Vulcano assume quasi la figura di una madre vivifica e distruttiva al tempo stesso.
Nei secoli le varie eruzioni, che nel tempo hanno via via cambiato il paesaggio etneo e plasmato il popolo catanese, hanno poi dato adito alla diffusione di storie fantasiose ambientate ai piedi dell’Etna, in cui mitici e coraggiosi eroi, sfuggendo alla furia devastatrice della lava, si distinguono per coraggio e nobiltà d’animo. È questo il caso della leggenda riguardante i fratelli Pii, celebrati per il loro valore e il loro grande sentimento di pietas, che, ancora oggi, li ergono ad esempio per l’intera comunità.
Non è un caso, infatti, che persino uno dei quattro monumentali candelabri posti in piazza Università rappresenti proprio la vicenda legata ai due nobili giovani. Ma quali saranno mai state, dunque, le gesta così eroiche dei due fratelli tali da meritare queste celebrazioni?
UN AVVENIMENTO MIRACOLOSO
I genitori, però, non erano in forma quanto loro e non potevano tenerne il passo veloce. Impietositi, guidati dalla devozione filiale, i due giovani presero sulle spalle gli anziani. Rallentarono il passo e la lava stava per raggiungerli. Fu a quel punto che, però, avvenne qualcosa di miracoloso.
Nonostante la lava avesse raggiunto Catania, sommergendo il centro storico e parte dell’Amenano, giunta a un passo dai fratelli Pii, si aprì in due lingue di fuoco. I giovani e i loro genitori rimasero incolumi. La popolazione catanese fu talmente colpita da soprannominarli “fratelli Pii”. Il luogo che avevano attraversato, sfuggendo alla furia distruttiva dell’Etna, venne chiamato “Campi Pii”. Gli stessi abitanti di Katane, insediamento dei Sicani, avrebbero anche rappresentato la vicenda sulle monete che usavano per gli scambi commerciali.
I FRATELLI PII ISPIRANO L’ENEIDE DI VIRGILIO
La popolazione catanese fu talmente stupefatta dall’accaduto da soprannominare i due fratelli “Pii”, per l’appunto, mentre il luogo che avevano attraversato, sfuggendo alla furia distruttiva dell’Etna, “Campi Pii”. Inoltre pare che gli stessi abitanti di Katane, l’antico insediamento dei Sicani su cui sorge l’attuale città di Catania, fossero particolarmente legati a questo mito, al punto da rappresentarlo sulle monete che usavano per gli scambi commerciali. Figli di due contadini, i fratelli Pii, costituiscono un esempio di rispetto e devozione filiale che ancora oggi merita di essere raccontato e ricordato. Nei paesi etnei esistono molte raffigurazioni di questo racconto e probabilmente ciò è dato dal fatto che i contadini della zona, nei secoli, hanno avuto a che fare con le numerose eruzioni del nostro vulcano. Infine, sembrerebbe che il racconto delle prodigiose gesta dei due giovani catanesi sarebbe giunto fino alle orecchie dello stesso Virgilio, uno dei più grandi autori in lingua latina, il quale avrebbe tratto ispirazione dalla vicenda per plasmare l’animo pietoso del suo protagonista Enea, quando, fuggendo dalla città di Troia ormai in fiamme, caricò sulle spalle l’anziano padre, traendolo in salvo.
Il secondo libro dell’Eneide narra per voce dello stesso protagonista la fuga da Troia, ormai ridotta in fiamme. Enea fugge con il padre Anchise sulle spalle e il figlioletto Ascanio al seguito, senza guardarsi alle spalle.
Appaiono palesi le assonanze con la leggenda catanese che narra la fuga di questa famiglia di contadini che avevano dimora alle pendici della forgia di Efesto. La lava, infatti, raggiunse Catania, sommergendo il centro storico e parte dell’Amenano (fu in quell’occasione che, probabilmente, ebbe origine il Lago di Nicito). Miracolosamente, però, il magna, giunto a un passo dai fratelli Pii, si aprì in due lingue di fuoco, lasciando completamente incolumi i giovani e i loro genitori.
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