IL PALADINO UZEDA NEI PUPI CATANESI
La Sicilia è terra di miti e di leggende. C’è stato un tempo a Catania, ma possiamo dire la stessa cosa di tutte le città più o meno popolate della nostra Terra, in cui si mangiava pane e leggende. Il tempo, può fare la fortuna di un personaggio e mitizzarlo e può invece dimenticarlo e cancellarlo dalla memoria collettiva. È il caso del paladino “UZETA”.
IL PALADINO UZEDA, PROTAGONISTA DEL LAVORO TEATRALE
La parola paladino ci proietta nel mondo di Orlando e Rinaldo, epici personaggi del mondo dell’Opera dei Pupi, paladini di Francia alla corte di Carlo Magno. Cosa sappiamo di questo Uzeta? Sappiamo che era di umili origini e si racconta fosse coraggioso e valoroso tanto da sposare perfino la figlia del re. Si sente parlare per la prima volta di Uzeta nel 1901, quando al teatro Dante di via Zappalà Gemelli a Catania a due passi del “cortile di Gammazita, nei pressi di via san Calogero, zona “vecchia di Catania“, fu messa in scena la storia di questo personaggio nato dalla fantasia di Raffaele Trombetta, un giovane orafo e promettente attore di prosa. Fu lui, secondo il racconto del nipote, Antonino Amico, che spulciando le carte ingiallite del nonno trovò le prime tracce di questo personaggio.
Uzeta era il protagonista di questo lavoro teatrale.
- Era figlio di un povero operaio e palafreniere alla custodia dei cavalli del re. In una giornata tempestosa, in cui il suo animo forte e nobile vacilla e forse sta per cadere, inesorabilmente vinto dal destino crudele, che l’ha privato dei suoi genitori, la fatalità gli pone dinanzi, vicino al lago di Nicito, un’incantevole figura di donna, la figlia del Re Cocolo di Catania, Galatèa. In un’occasione salva la principessa da un cavallo imbizzarrito, disarcionata, cade violentemente a terra e sviene. Il nostro eroe la prende fra le sue braccia e la bacia violentemente. Risvegliatasi, Galatèa, e resosi conto di quello che le era accaduto, prova disprezzo per l’ardimentoso e impudente giovane e si allontana.
- “Ritroviamo il “Catanese” sulle sponde del fiume Simeto in una notte illune e senza stelle, cupa come la sua anima stanca, tra un fitto gruppo di corsari. Egli diventa, infatti, più tardi, salvatore della sua patria, della sua diletta Catania. Il popolo festoso lo acclama e Galatèa pentita, chiede al padre di concederla in sposa al nuovo eroe. Subito dopo lo sposalizio, fastoso e regale, il “Catanese” riparte per andare incontro all’ignoto.
- Lo ritroviamo a Roma assediata dai Barbari. La difende, e con essa il Papa, lo nomina “Principe del Simeto”, “Gonfaloniere” e “Capitano Romano”.
- E così continuano le gesta di questo eroe autoctono nato dalla fantasia di Don Raffaele Trombetta fino al suo rientro a Catania.
- Il rientro di Uzeta, ferito alla spalla da una freccia, è doloroso e tragico dopo aver ucciso involontariamente suo figlio Osvaldo che sotto le armi non sue, l’aveva sfidato al combattimento. Accudito e curato dalla sua amata Galatéa, il capo orgoglioso del nostro eroe si piega alla morte, serenamente e cristianamente, si spegne”.
UZEDA, PERSONAGGIO DELL’OPERA DEI PUPI CATANESI
Naturalmente, grazie al suo coraggio e alle sue potenti gesta, entra di diritto e a testa alta nella lunga schiera dei personaggi dell’Opera dei pupi catanese a testimonianza della volontà del popolo etneo di riscattarsi. Non di poco conto è sapere che dopo il matrimonio, indosserà per sempre l’armatura nera con la corazza crociata e lo scudo sormontato dall’emblema della città di Catania. Se da un lato la leggenda del giovane Uzeta ideata nel 1900 e tenuta a battesimo nel 1901 è da attribuire all’ex orafo, col tempo uno dei più famosi pupari catanesi, assurse, in seguito, ai fasti della celebrità, nel 1905 grazie al giornalista catanese Giuseppe Malfa, che ne scrisse la storia pubblicandola a dispense con alcune sostanziali differenze. I pupari nel corso degli anni si sono sempre ispirati all’originale racconto del Trombetta trascurando il romanzo del giornalista.
Il motivo per cui Trombetta creò questo giovane si pensa fosse quello di dare ai catanesi un pupo che ne fosse la rappresentanza. Nella fantasia popolare di quel tempo, Uzeta occupò lo stesso posto di grandezza e di gloria guerriera di Orlando.
Il comune di Catania ricorda il Paladino Uzeta con uno dei 4 candelabri o lampioni in bronzo realizzati dagli scultori catanesi, Domenico (detto Mimì) Maria Lazzaro e Domenico (detto Mimmo) Tudisco, sistemati ai quattro lati in piazza dell’Università e dedicati appunto al nostro personaggio, ai fratelli Pii, a Gammazita e Colapesce, principali personaggi delle leggende di Catania.
IL RISCATTO DEL POPOLO CATANESE
Storie, racconti e leggende che hanno fatto crescere i nostri antenati spesso col tempo vengono dimenticate, come la leggenda catanese del Paladino Uzeta.
Questo uomo di umili origini, diventato cavaliere per il suo immenso coraggio e valore, è una figura storica dell’Opera dei pupi catanese e testimonianza della volontà del popolo etneo di riscattarsi. La storia del giovane Uzeta nasce dalla leggenda popolare dei giganti saraceni che conquistarono il Castello Ursino. Federico II di Svevia fece costruire questo Castello tra il 1239 ed il 1250. Il nome deriverebbe da castrum sinus ovvero castello del golfo, proprio perché a quel tempo dominava il porto ed il golfo di Catania. La leggenda vuole che il nome Ursino derivi dai giganti saraceni, chiamati Ursini, che a quel tempo si impadronirono del castello. In questa ambientazione entra in scena il nostro Paladino Uzeta che con forza e vigore riuscì a sconfiggere ed uccidere i cattivi giganti del castello, conquistando così la benevolenza del re che gli diede la mano di sua figlia.
La leggenda del giovane Uzeta è stata ideata nel 1900 dal puparo catanese Raffaele Trombetta, ripresa nel 1905 dal giornalista Giuseppe Malfa, che però scrisse la storia con alcune differenze, ed infine risorta con “Uzeta, un eroe catanese”, il recente libro di Maria Antonietta Maiuri edito dalla cooperativa Macrì.
Il motivo per cui Trombetta creò questo giovane si pensa fosse quello di dare ai catanesi un pupo che ne fosse la rappresentanza. I pupari nel corso degli anni si sono sempre ispirati all’originale racconto di Trombetta trascurando il romanzo del giornalista.
LA LEGGENDA PER SPIEGARE LA DENOMINAZIONE DI URSINO
Nonostante si tratti di un personaggio creato solo nel primo Novecento da Giuseppe Malfa (giornalista catanese), la sua figura è strettamente legata ad una leggenda ben più antica, nata dalla fantasia popolare catanese, al fine di spiegare la denominazione del castello Ursino, uno fra i monumenti più importanti ed imponenti di Catania.
Secondo tale leggenda, il castello era in origine popolato dai giganti saraceni chiamati Ursini, che sarebbero stati sconfitti dal Conte Ruggero nell’undicesimo secolo grazie al valoroso guerriero Uzeta, giovane di umili origini fatto cavaliere per le eroiche gesta e che riuscì a sposare Galatea, figlia del Sovrano.
Nelle vicinanze del Castello Ursino, in una povera casa, viveva un giovane forte e coraggioso di nome Uzeta. Egli venne assunto come stalliere del leggendario re Còcalo che aveva una figlia di nome Galatea, tanto bella da fare innamorare chiunque la guardasse. Un bel giorno, mentre Galatea faceva una galoppata per boschi, il suo cavallo si imbizzarrì e, scatenandosi, prese a correre spaventando la giovane principessa che invocava aiuto. Uzeta, che si trovava nelle vicinanze, venne in suo soccorso e, balzato come un fulmine sul cavallo, riuscì ad afferrarlo per le briglie e a fermarlo.
Galatea, sfinita, svenne tra le braccia di Uzeta che, essendo segretamente innamorato della principessa, la baciò. In quell’istante però ella riprese i sensi e, ritenendosi offesa per quanto il giovane stalliere aveva osato fare, lo cacciò via con pesanti rimproveri. Uzeta, allontanandosi, le giurò che un giorno sarebbe tornato carico di gloria e l’avrebbe chiesta in sposa. Il giovane mantenne infatti la promessa: le sue gesta furono tanto grandi che la sua gloria superò ogni confine e un bel momento, alla testa del suo esercito, tornò e chiese al Re la mano di Galatea. Il sovrano accettò e i due giovani vissero felici e contenti.
Il paladino Uzeta, cavaliere dalla nera armatura, è il protagonista di una delle leggende catanesi immortalate sui candelabri ornamentali di piazza Università, realizzati dagli scultori Mimì Maria Lazzaro e Domenico Tudisco.
È giusto ricordare che per lunga tradizione, conosciuta col nome più popolare ‘a chiazza d’i morti, si teneva l’annuale fiera di regali e dei giocattoli per i bambini, che in Sicilia, per atavica tradizione, ormai poco praticata, il paladino Uzeda veniva donato per la ricorrenza dei defunti, la notte del 1° novembre e non per la Befana o per Natale.
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