LA LEGGENDA DEL POZZO DI GAMMAZITA A CATANIA
Assieme ad altri luoghi dell’archeologia siciliana, anche il Pozzo di Gammazita è stato oggetto di diverse storie e leggende, che hanno cercato di spiegarne l’edificazione, e hanno contribuito ad ammantare di mistero il luogo.
La leggenda del Pozzo di Gammazita di Catania è una delle più affascinanti. Il sito sorge nel centro storico, adiacente all’antica cinta muraria. La sua storia è intrecciata a un racconto leggendario avvenuto al tempo della dominazione angioina.
LA LEGGENDA DEL POZZO DI GAMMAZITA
A pochi passi dal Castello Ursino, percorrendo la via S. Calogero, ci si imbatte in un antico pozzo interamente ricoperto dalla pietra lavica dell’eruzione del 1669. Un posto leggendario, dove un tempo, proprio sul fondo delle acque che vi scorrevano, erano visibili delle macchie di colore rossastro. Delle incrostazioni di magnesio e ferro che nell’immaginario dei Catanesi sono diventate le macchie del sangue di Gammazita.
Nel cuore del centro storico, nell’antico ghetto ebraico si trova il pozzo di Gammazita dove si narra si sia gettata una giovane fanciulla.
La storia è ambientata nel XIII secolo, periodo in cui un soldato francese si infatuò della bellissima Gammazita che aveva l’abitudine di andare al pozzo per prendere l’acqua, ma la ragazza era già promessa sposa e disprezzava le attenzioni del soldato. Il soldato però la seguiva sempre e la fanciulla decise dunque di recarsi al pozzo sempre accompagnata da qualcuno, per non correre alcun rischio. Il giorno del matrimonio però vi si recò sola ed il soldato la aggredì. Per non perdere la virtù preferì buttarsi nel pozzo.
Secondo la leggenda, durante la dominazione francese, un soldato si invaghì di una giovane catanese, Gammazita. Deciso a farla sua, il soldato perseguitava e lusingava la giovane, già promessa in sposa. L’insistenza del soldato fu tale da costringere la famiglia della giovane ad affrettare il matrimonio. Ma in quel giorno, pochi attimi prima di giungere in chiesa, Gammazita si recò al pozzo per attingere alla sua fonte e il soldato la prese. Così, pur di non disonorare la propria famiglia, Gammazita scelse la morte e si gettò nel pozzo.
IL POZZO DI GAMMAZITA OGGETTO DI RACCONTI
Insieme ad altri luoghi dell’archeologia siciliana, anche il Pozzo di Gammazita è stato oggetto di numerosi racconti, che hanno cercato di spiegarne l’edificazione, ma hanno contribuito ad accrescere l’alone di fascino e mistero che li circonda.
Gammazita era infatti una fanciulla catanese di grande virtù. Di lei si invaghì un soldato francese, che la voleva a tutti i costi per sé. Un giorno, per sfuggire alle insistenti avances dell’uomo, si dice che Gammazita si lanciò nel pozzo.
A questa storia si aggiungono alcuni dettagli che apportano maggiore intreccio e mistero alla versione iniziale, attraverso l’introduzione di altri personaggi, tra cui quello storico di donna Macalda Scaletta. Si narra che nel 1278 Scaletta, bellissima e orgogliosa vedova del signore di Ficara, attirava alla sua corte cavalieri provenienti da tutto il Regno, sia francesi che siciliani.
Essa però, innamoratissima del suo giovane paggio Giordano, sfuggiva a tutte le proposte. Un giorno, Giordano vide la giovane Gammazita e se innamorò perdutamente. L’amore dei due giovani destò così le ire di Macalda, che con il francese Saint Victor decise di tendere alla giovane un tranello. Se Saint Victor fosse stato in grado di sedurre e di far capitolare Gammazita, Macalda sarebbe stata sua.
Saint Victor organizzò numerose imboscate, approfittando delle volte in cui Gammazita si recava al pozzo ad attingere l’acqua; ma una di queste volte, la bella giovane si divincolò dalla stretta del francese, e si gettò nel pozzo. Giordano, appreso il tragico fatto, uccise a pugnalate il nemico.
LE ALTRE LEGGENDE SU GAMMAZITA
A questa storia, col tempo, se ne affiancarono altre:
- La prima si trova nel panegirico scritto da don Giacomo Gravina in onore del duca di Carpignano, dal titolo “La Gemma zita”: in esso si racconta la storia delle nozze fra la ninfa Gemma e il pastore Amaseno, ma Gemma era amata in segreto anche da Plutone, amato a sua volta da Proserpina, che per la gelosia, trasformò la ragazza in una fonte. Gli dei, toccati dalla disperazione di Amaseno, trasformarono anch’egli in una fonte: il pozzo sarebbe dunque il luogo in cui si uniscono le acque dei due sfortunati amanti.
- Un altro racconto parla invece di un uomo con un difetto alla gamba (iamma zita), che abitava nei pressi del pozzo; mentre una terza spiegazione lega il toponimo a due lettere dell’alfabeto greco, una gamma e una zeta, incise sull’antico muro che fiancheggia la fonte. La storia di Gammazita è entrata a far parte di quelle leggende di origine locale che vennero poi prese a modello o a simbolo di una tradizione o di un valore; Gammazita era per tutti i catanesi esempio del patriottismo e dell’onestà delle donne del posto. Una rappresentazione della prima leggenda, si trova in uno dei candelabri bronzei, opera di Mimì Maria Lazzaro e di D. Tudisco del 1957, situato in Piazza Università.
LA STORIA DEL SITO PRIMA DEL 1669
In una antica pianta di Catania (1575 circa) si notano in basso tre rivoli che si perdono nel mare. Il primo da sinistra, quello più vicino al Castello Ursino, corrisponde alla fonte che alimenta il Pozzo di Gammazita.
La parte della città dove sorge il pozzo nel Medioevo era la sede della Judeca Suttana (il quartiere ebraico, detto anche Judeca di Jusu ) ed era piuttosto ricca di attività commerciali, in particolare concerie e macellerie, che sfruttavano le numerose sorgenti d’acqua, forse diramazioni del fiume Amenano che scorre nel sottosuolo catanese e che qui prendeva il nome di Judicello . Le mura in questo tratto costeggiavano i ruderi di antiche fabbriche che prendevano il nome di Muro rotto e vennero identificate dal Bolano quale l’antica naumachia e il circo, segno che in età antica l’area era impegnata da grandi strutture pubbliche monumentali.
In tutte le piante e disegni di Catania, a partire da quella di Michelangelo Azzarelli (1584), la cortina muraria che si congiungeva a gomito con la Porta dei canali e con il Bastione di Santa Croce, viene chiamato Gammazita e lì sono segnate queste fonti, Inizialmente come dei rivoli che si perdevano nel mare.
Nel 1621, don Francesco Lanario, duca di Carpignano, soprintendente generale alle fortificazioni, nell’ambito di un generale restauro dell’assetto difensivo della città, volle risistemare anche la zona della fonte. Le acque di Gammazita furono così imbrigliate e congiunte a quelle dell’Amenano, realizzando una serie di fontane pubbliche che arricchirono e resero più gradevole la passeggiata a mare, anche grazie alla realizzazione di una strada lastricata, munita di panchine.
LA STORIA DEL SITO DOPO IL 1669
Questa piacevole sistemazione però ebbe vita breve. L’11 marzo1669, da una frattura sopra Nicolosi comincio la più imponente eruzione dell’Etna di epoca storica che abbia raggiunto Catania e, dopo aver distrutto orti e casali, giunse alle mura della città, riuscendo a superarle da Nord-Ovest, Nella zona del Monastero di San Nicolò l’Arena, per poi dirigersi verso il Bastione di San Giorgio a sud.
Il 16 aprile, il fiume lavico circondò il Castello Ursino, colmandone il fossato, e invase tutta l’area del quartiere dell’indirizzo, ricoprendo, nonostante gli sforzi di difesa messi in atto dai catanesi, anche le sorgenti, fra cui quella di Gammazita. La fonte rimase così sepolta sotto uno strato di 14 metri di lava, ma la sua importanza nella vita e nell’economia cittadina fece sì che fin già verso la metà del XVIII secolo fu riportata alla luce. Venne a crearsi così un singolare pozzo artificiale, ricavato nella sciara del 1669 e costituito dalla profonda scarpata delle mura civiche cinquecentesche che terminava sul fondo dove si accumulava una sorgente, ciò che rimaneva delle tre fonti pre-eruzione. Al fondo si giungeva con una pittoresca scalinata ricavata nel Settecento la quale si addossava alle lave e alla cortina muraria.
La riscoperta e la fama della fonte, in quest’età, devono soprattutto agli intellettuali europei che visitarono Catania nell’ambito del Grand Tour, in particolare Patrick Brydone, l’abate Richard de Saint-Non, Jean Houel, Dominique Vivant Denon.
Saint-Non e Houël, in particolare, hanno lasciato anche delle raffigurazioni che testimoniano lo stato del pozzo nel Settecento e il suo aspetto pittoresco e nel pieno della ricerca della fascinazione della decadenza di concezione romantica, che tanto affascinava i viaggiatori stranieri. In tali immagini, soprattutto in quella di Saint-Non, si nota tuttavia una distorsione delle proporzioni, che fanno apparire il pozzo più grande di quanto non sia in realtà, e soprattutto l’inserimento di uomini intenti alla pesca, come se la vasca di raccolta delle acque fosse adibita anche a peschiera. Non sappiamo se questo corrisponde a verità o se sia un elemento aggiunto dall’autore per accentuare il carattere pittoresco del sito.
Fra coloro che visitarono la fonte, merita di essere ricordata la descrizione che ne lascia Charles Didier che, fra i monumenti visitati in città, dice che “fra le più curiose è un frammento delle antiche mura della città interamente coperto di lava: ai piedi di esso una fontana che manda acqua di una freschezza e di una limpidezza che sono degne di Aretusa ” .
LO STATO DI DEGRADO ATTUALE
Numerosi problemi relativi allo stato di conservazione attuale del sito hanno dato luogo nel tempo a diverse iniziative di protesta dirette per sensibilizzare l’amministrazione comunale sia per quel che riguarda l’accessibilità che la manutenzione, la sicurezza e la pulizia del pozzo. Il Pozzo di Gammazita si apre in un cortile chiuso fra le case popolari ottocentesche di via San Calogero, a due passi dal Castello Ursino.
L’accesso al cortile, avviene attraverso una scala di sessantadue gradini che sostituisce quella originaria in pietra lavica e ciottoli, distribuiti in cinque piccole rampe interrotte da pianerottoli rivestiti di pietra lavica e cotto siciliano, che portano ad un livello di circa 12 metri sotto il livello stradale. Alla base della scala si apre uno stretto spazio, anch’esso pavimentato in cotto siciliano chiuso da un tratto residuo della cortina muraria cinquecentesca: qui scorreva l’acqua sorgiva, in una vasca su cui incombe la massa lavica che ha chiuso la fonte.
Altre costruzioni e superfetazioni moderne e contemporanee accerchiano il pozzo, accentuando l’impressione di una profonda voragine.
LE VISITE AL POZZO DI GAMMAZITA
Saint-Non e Houel lasciarono della fonte delle particolari raffigurazioni, che testimoniano lo stato del pozzo nel Settecento. Nella raffigurazione dell’abate parigino, il pozzo appare come luogo di pesca, ma non sappiamo se questa idea corrisponda o meno a verità.
Oggi, l’accesso avviene attraverso una scala di sessantadue gradini che portano a circa 12 metri sotto il manto stradale. Alla base della scala si apre uno spazio in cotto siciliano chiuso da un tratto residuo di cortina cinquecentesca: qui, scorreva l’acqua sorgiva della leggenda.
Ad oggi il pozzo legato a questa leggenda è visitabile e si trova nelle vicinanze di Castello Ursino nel cortile di Gammazita in via san Calogero. I depositi di ferro che creavano macchie rosse sulle pareti del pozzo furono spiegati tradizionalmente come tracce del sangue di Gammazita. Oggi è possibile visitare il pozzo grazie alle visite guidate dell’associazione Gammazita, che si occupa del suo recupero e della sua valorizzazione.
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