LA BIOGRAFIA DEL MUSICISTA VINCENZO BELLINI
Vincenzo Bellini è stato un grande compositore italiano, uno degli operisti più famosi di tutto il secolo dell’Ottocento. Nacque a Catania il 3 novembre del 1801, da Rosario e da Agata Ferlito. Fu il primo di sei fratelli, figlio e nipote d’arte, il nonno era un compositore di musiche sacre. Ma è sui primi anni di vita di Bellini, quelli fino a 18 anni trascorsi a Catania tra la casa dei genitori e dei 6 fratelli e quella dello zio, che la biografia di Bellini si perde nel mito e nei racconti tramandati di bocca in bocca, spesso al limite dell’epicità e dell’incredibile.
Al museo, ad esempio, è in mostra una statua in marmo che raffigura «Vincenzino» all’età di 5 o 6 anni mentre, tolti gli spartiti dalle mani del nonno Vincenzo Tobia anch’egli musicista, comincia a dirigere al suo posto. In realtà, della vita del musicista dalla nascita a quando una borsa di studio del Decurionato catanese gli consentirà a 18 anni di recarsi a Napoli per studiare alla corte di Nicola Zingarelli, le tracce storiche sono davvero scarne: l’atto di nascita, la delibera di assegnazione della borsa di studio, poco altro.
LA PREDISPOSIZIONE PER LA MUSICA
La famiglia Bellini da diverse generazioni è stata associata alla musica. Il nonno del futuro autore d’opera di fama mondiale, Vincenzo Tobio, era un compositore e organista, il padre di Rosario, il capo del coro e compositore, ha dato lezioni di musica nelle famiglie aristocratiche della Sicilia siciliana. Vincenzo Bellini fin dalla tenera età ha iniziato a dimostrare abilità musicali.
Vincenzo Bellini fin da piccolo si mostrò molto interessato verso il mondo della musica Manifestò fin da piccolo una grande predisposizione alla musica ed è all’opera lirica che dedicò la sua breve esistenza. Nella sua formazione si mosse a partire dai modelli della tradizione napoletana dell’opera, ma nelle sue composizioni riuscì a mettere insieme la formazione classica e quella romantica, dando una forte rilevanza al canto sia dal punto di vista vocale che strumentale.
Dall’età di cinque anni, Vincenzo Bellini ha iniziato a studiare pianoforte, suo nonno è diventato il suo mentore. All’età di sette anni, il ragazzo ha scritto il suo lavoro – l’inno della chiesa Tantum ergo. Ma non c’era la possibilità di darlo alla scuola di musica, quindi fino all’età di 14 anni, ha continuato a studiare con suo nonno. A quest’età, Vincenzo era già una celebrità locale.
Verso i 14 anni, si trasferì dal nonno per studiare musica: il quale nonno, essendo a sua volta compositore, notò che il ragazzo aveva un certo talento alla composizione musicale.
Emerge un ritratto di Bellini ricco di talento, figlio e nipote di musicisti e dunque impregnato di quella cultura e di quell’ambiente, e che da loro apprende tecniche e approccio, la sua prima formazione di musicista che si cimenta con l’opera, la musica sacra, l’oratorio musicale, e che frequenta i salotti della Catania bene dell’epoca dove proprio quel suo enorme talento viene seguito e apprezzato. E che poi quel bagaglio porterà con sè a Napoli, al conservatorio di San Sebastiano, da dove spiccherà il volo per i suoi grandi successi, Pirata, Sonnambula, Norma, Puritani, racchiusi in appena dieci anni, gli ultimi della sua vita visto che durò appena 33 anni e dieci mesi. Pochi. Ma sufficienti a consegnarlo alla storia della musica.
GLI STUDI DI BELLINI
La duchessa Eleonora Sammartino si interessò al suo destino, e ottenne che il giovane ricevette una borsa di studio per studiare al Conservatorio di Napoli, e nel giugno 1819 il giovane fu arruolato nel primo anno. Un anno dopo, ha brillantemente superato l’esame intermedio, che ha determinato coloro che avrebbero continuato a studiare e chi no. Vincenzo non è stato solo lasciato a scuola, ma anche trasferito all’educazione gratuita, che gli ha permesso di liberare i fondi della città, aiutare la sua famiglia e imparare ulteriormente grazie al suo talento.
Vincenzo Bellini fin da giovane si dedica alla composizione ottenendo un ottimo successo: nel 1817 la sua produzione era molto intensa, tanto che il giovane Bellini ottenne una borsa di studio, per avere la possibilità economica di perfezionare il suo talento naturale al Real Collegio di Musica di San Sebastiano. Studiò musica prima nel capoluogo etneo, poi a partire dal 1819, grazie ad una borsa di studio offerta dal comune di Catania, si trasferì a Napoli per perfezionarsi al conservatorio. Qui tra i suoi maestri ebbe Nicola Antonio Zingarelli, che lo indirizzò verso lo studio dei classici e il gusto per la melodia piana ed espressiva, senza artifici e abbellimenti, secondo i dettami della scuola musicale napoletana.
Tra i banchi del conservatorio conobbe il calabrese Francesco Florimo, la cui fedele amicizia lo accompagnerà per tutta la vita e dopo la morte, allorché Florimo diventerà bibliotecario del conservatorio di Napoli e sarà tra i primi biografi dell’amico prematuramente scomparso- Al Conservatorio Bellini, ha studiato con l’eccezionale insegnante Zingarelli, che era molto severo con il giovane e gli consigliava sempre di studiare la melodia. Durante gli anni di studio, ha costretto lo studente a scrivere più di 400 solfeggio.
Al Conservatorio Bellini incontra il suo futuro migliore amico, Mercadante, e il suo futuro biografo, Florimo. Anni di studio hanno avuto un impatto serio sul giovane, poi si è formato il suo stile musicale originale. Nel 1824, il giovane di nuovo resiste brillantemente a un altro esame. La ricompensa per questo non era solo il miglioramento delle condizioni di vita, ma anche l’opportunità di frequentare l’opera gratuitamente due volte a settimana.
LE PRIME OPERE DI BELLINI
Bellini ha iniziato a lavorare alla sua prima opera, Adelson e Salvini, basata sul romanzo francese Arno. Nel 1825 fu consegnato dagli studenti e fu un vero successo. Questa opera è stata ascoltata da Donizetti e ha dato un grande apprezzamento al lavoro e al suo autore. L’esame finale al Conservatorio Bellini passa, come sempre, brillantemente e come ricompensa ottiene un contratto per scrivere un’opera teatrale.
Superato l’esame finale, a Bellini viene dato il permesso di insegnare, e come ricompensa gli viene offerta l’opportunità di scrivere un’opera per il teatro reale. Gli fu data completa libertà di scelta, e stabilì il testo del giovane autore Domenico Gilardoni “Carlo, Duca Agrigento”, che creò il libretto “Bianca e Gernando”. Le opere italiane a quel tempo erano lo spettacolo più alla moda, il mondo intero andava in anteprima. Il pubblico era piuttosto esigente, e non è stato facile accontentarla, ma la prima dell’opera Bellini è stata accolta con gioia.
Il 30 maggio 1826, la prima della sua opera si tenne al Teatro San Carlo, e persino il Re stesso, contrariamente alla tradizione, si alzò in piedi e batté le mani all’autore. Zingarelli era pieno di orgoglio per il suo studente e prefigurava il suo grande futuro. Il successo ha fornito al nuovo compositore un nuovo ordine. Il maestro dei teatri reali invita Vincenzo a scrivere un’opera per Milano “La Scala”. Comporre musica sta diventando l’unica fonte di guadagno per Bellini, vive a Milano e sta lavorando a una nuova opera che il pubblico non vede l’ora di fare. Il tandem del compositore e librettista Felice Romani si è formato su questo progetto, che è esistito fino alla fine del percorso creativo del musicista.
Nei “Pirati” si manifesta uno stile unico di Vincenzo Bellini, le sue arie e vocalizzi sono molto melodiche, e gli attori non cantano solo, ma trasmettono i sentimenti del personaggio. Il 27 ottobre 1827, il pubblico tentato milanese ricompensò il debuttante con ovazioni. Per ogni prossimo spettacolo c’erano avvisi e sfide dell’autore. Tutto ciò ha ispirato il compositore.
Un anno dopo il successo di “Pirati”, il teatro “La Scala” ordina a Bellini una nuova opera. Come base letteraria, il compositore utilizza il romanzo Arlencourt. La sua trama è perfetta per l’opera belcantistica. Il pubblico di Milano non vedeva l’ora di assistere alla prima di una nuova opera del già amato compositore. Nel 1829, l’opera fu presentata al pubblico. Ha pienamente soddisfatto le aspettative e ha mostrato un maestro maturo. Il successo è stato colossale. “The Stranger” di Bellini ha rivelato molte delle caratteristiche del suo stile unico e ha presentato diverse soluzioni musicali originali. Barcarolle ha avuto una decisione scenica innovativa che ha scioccato il pubblico.
GLI AMORI DI VINCENZO BELLINI
Gli venne attribuito il soprannome di Cigno per il suo essere biondo, alto e slanciato: il suo aspetto elegante, unito alle sue capacità come musicista, da un lato lo resero parte integrante delle occasioni di festa dell’alta società, dall’altro agevolarono le sue relazioni amorose. Nella sua vita emergono in particolare gli amori con Maddalena Fumaroli e con Giuditta Cantù. La storia con la Fumaroli è stata per un certo periodo ostacolata dal padre di lei, un giudice napoletano poco convinto dalla carriera del giovane all’epoca ancora non decollata: quando il Cigno fece il suo esordio alla Scala, l’uomo cambiò idea sull’unione tra i due ma nel frattempo l’aveva cambiata Bellini, con grande dispiacere della Fumaroli. Il secondo amore più noto del Bellini fu Giuditta Cantù, moglie dell’imprenditore Ferdinando Turina.
LA MORTE E LA SEPOLTURA DI BELLINI
La carriera e la vita di Bellini furono stroncate a meno di 34 anni da un’infezione intestinale probabilmente contratta all’inizio del 1830. Bellini fu sepolto nel cimitero Père Lachaise, dove rimase per oltre 40 anni, vicino a Chopin e a Cherubini. Nel 1876 la salma fu traslata nel Duomo di Catania. La tomba fu realizzata dallo scultore Giovanni Battista Tassara, mentre il monumento cittadino fu opera di Giulio Monteverde. Morto a Puteaux (Hauts de Seine) 23 settembre 1835. Sepolto nel cimitero di Pere Lachaise è stato riesumato 40 anni dopo la sua morte e le sue spoglie trasportate a Catania dove è sepolto nella Cattedrale di Sant’Agata.
La bara usata per trasportare i resti esposti al Museo Bellini si trovano nella casa in cui visse a Catania. Il mausoleo di Pere Lachaise rimasto come è stato il primo funerale. Per la cronaca, è stato insignito della Legion d’Onore poco prima della sua morte, e la medaglia al suo ritorno a Catania, è venuto a ornare la statua di S. Agata nella cattedrale. Anche se breve, la sua vita è posta sotto il segno della fortuna. Ha avuto molti successi con le donne, e la sua carriera artistica è il frutto di serendipità e il successo.
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