BOLOGNA: Percorso della Musica
Bologna, secondo la definizione dell’Unesco, è “Città creativa della musica” e da sempre vanta una ricca tradizione musicale.
Qui sono nati o hanno soggiornato musicisti quali Ottorino Respighi, Gioacchino Rossini, Gaetano Donizetti, Giovanni Battista Martini e persino Wolfgang Amadeus Mozart. Arrivando ai giorni nostri, la città si contraddistingue ancora per essere sempre all’avanguardia nella creazione di nuove tendenze musicali grazie a una nutrita schiera di compositori e cantautori nel mondo della musica leggera italiana.
L’itinerario parte da Piazza Maggiore. Si imbocca via Rizzoli e la si percorre fino alle Due Torri, poi si svolta per Via Zamboni e si prosegue fino a Piazza Verdi. Qui si trova il Teatro Comunale, testimone da oltre due secoli della vita musicale bolognese e internazionale.
Il Teatro Comunale sorge nell’area che occupava il Palazzo dei Bentivoglio, distrutto nel 1507. Il teatro fu realizzato su progetto di Antonio Galli Bibiena ed inaugurato nel 1763.
Successivamente, in diverse epoche furono eseguiti vari restauri che interessarono la struttura e gli elementi decorativi. Tra il 1932 e il 1935 fu ricostruito il palcoscenico, distrutto l’anno prima da un incendio, e completata la facciata così come si può osservare ancora oggi.
Nel 1805 un Rossini appena tredicenne aveva esordito al nuovo Teatro del Corso (poi distrutto da un bombardamento nel 1944) interpretando Adolfo nella Camilla di Paër.
Quegli anni videro impegnato il futuro “Cigno” dell’opera italiana nell’apprendistato bolognese tra le mura del neonato Liceo musicale; anni dopo, Rossini sarebbe ritornato da protagonista al Teatro Comunale. Nel 1842 giunse a Bologna il suo Stabat Mater che, per la première italiana presso l’antica sede universitaria dell’Archiginnasio, fu diretto da Gaetano Donizetti. La piazza antistante al teatro è intitolata a Giuseppe Verdi; su di essa prospettano le Ex Scuderie dei Bentivoglio che nel 1692 furono adibite a sede del Monte della Canapa (primo esempio di credito speciale su anticipazione di merci), istituito, come il Monte della Seta, dal Monte di Pietà di Bologna a sostegno delle attività manifatturiere della città. La lunetta sotto il portico raffigurante la Deposizione con Sant’Antonio Abate fu realizzata da Giovanni Francesco Spini nel 1698.
TRA MONUMENTI E MUSEI
Abbandonato il Teatro Comunale, si prende Via Petroni e successivamente si svolta a destra in Via San Vitale. All’altezza di Via Guido Reni ci si inoltra nella via fino al numero 8, dove una lapide indica la casa natale di Ottorino Respighi. In fondo a Via Guido Reni, girando a sinistra su Strada Maggiore, si arriva al Museo della Musica.
Il Museo Internazionale e Biblioteca della Musica, recentemente inaugurato, ha sede nel centro storico di Bologna, all’interno del prestigioso Palazzo Sanguinetti. L’edificio è stato finalmente riaperto al pubblico dopo un lungo e attento restauro, che ha riportato all’originario splendore gli affreschi interni realizzati tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento. Il piano nobile del Palazzo ospita le sale del percorso espositivo, che ripercorrono circa sei secoli di storia della musica europea, con oltre un centinaio di dipinti di illustri musicisti, più di ottanta strumenti musicali antichi ed un’ampia selezione di documenti storici di grande valore: trattati, volumi, libretti d’opera, lettere, manoscritti, partiture, autografe, eccetera, tutte collezioni provenienti dal lascito di Padre Giambattista Martini, personalità musicale tra le più importanti del Settecento.
Il percorso museale si apre tra le “lussureggianti” decorazioni della Sala Boschereccia, con alcune opere simboliche che servono da preludio al visitatore che si appresta a compiere il viaggio all’interno dell’universo musicale. Le due sale successive sono dedicate al padre spirituale del nuovo museo, ritratto in un ovale di Angelo Crescimbeni: quel Giambattista Martini, il cui prezioso lascito morale, intellettuale e materiale, viene qui celebrato e fatto conoscere al grande pubblico. In particolare nella terza sala si illustrano i rapporti tra Padre Martini e le personalità di spicco del mondo musicale dell’epoca, tra i quali il giovane Mozart.
Nella stessa sala è possibile ammirare anche i famosi Sportelli di libreria musicale di Giuseppe Maria Crespi. Si prosegue, quindi, nella sala intitolata “L’idea della Musica”, dedicata ai teorici musicali dal Quattrocento al Seicento, che espone importanti esempi di trattati musicali, i ritratti dei rispettivi autori e alcuni strumenti musicali di grande importanza come il clavicembalo omnitonum (un pezzo unico) di Vito Trasuntino, realizzato a Venezia nel 1606.
Alcuni tra i pezzi più rilevanti sono esposti nella successiva Sala delle Arti dedicata ai “Libri per musica e strumenti dei secoli XVI e XVII”. Custoditi entro modernissime vetrine circolari, collocate al centro della stanza ad assecondare il ricco decoro della pavimentazione, si possono ammirare testi rarissimi di fine Quattrocento, fino ad arrivare al famoso
Harmonice musices Odhecaton A., il primo libro musicale a stampa, realizzato da Ottaviano Petrucci nel 1501. Quindi gli strumenti: i liuti, l’armonia di flauti di Manfredo Settala del 1650 e le pochette, piccoli violini utilizzati come strumento dai maestri da ballo. Non mancano poi le ghironde, i serpentoni e la serie straordinaria di corni e cornetti del XVI e XVII secolo ed infine uno strumento di scena singolarissimo, come la tiorba in forma di khitára.
L’opera italiana diventa protagonista nelle sale successive. Dapprima il Settecento, con una sala interamente dedicata al celebre cantante Carlo Broschi, detto Farinelli: domina il suo bellissimo ritratto dipinto da Corrado Giaquinto, insieme ai ritratti di castrati di varie epoche e di compositori del tempo, tra tutti Antonio Vivaldi e Domenico Cimarosa.
Segue quindi l’Ottocento con Gioachino Rossini, il cui nome è indissolubilmente legato a Bologna: ritratti, busti, libretti delle prime recite di Isabella Colbran, cantante e sua prima moglie, la partitura autografa de Il Barbiere di Siviglia, ma anche effetti personali curiosi, come la vestaglia da camera o il parrucchino, nonché il suo pianoforte a coda realizzato nel 1844 da Camille Pleyel. Il percorso prosegue, attraverso i secoli, gli usi e le mode musicali, nella sala dedicata ai “Libri per musica e strumenti nei secoli XVIII e XIX”: viole d’amore e flauti traversi affiancati alle partiture composte da Torelli, Vivaldi, Bertoni e altri e poi i clarinetti e il bellissimo Buccin realizzato a Lione da Jean Baptiste Tabard (1812-1845). Oltre al percorso espositivo, il museo ospita il laboratorio del famoso liutaio bolognese Otello Bignami.
Uscendo dal Museo, si prosegue su Strada Maggiore e si avanza fino a trovare sulla destra Via Guerrazzi. Qui ha sede l’Accademia Filarmonica.
L’Accademia Filarmonica, nel corso dei suoi oltre trecento anni di storia, da sodalizio professionale di musicisti bolognesi o emiliani, è divenuta in seguito un ambito traguardo di riconoscimento internazionale, aggregando le più importanti personalità del mondo musicale. Di queste personalità l’Accademia conserva spesso documenti e partiture autografi, ritratti e strumenti musicali che furono di loro proprietà o usati nelle riunioni accademiche.
Tra gli aggregati all’Accademia, il più famoso è sicuramente Wolfgang Amadeus Mozart. Nel 1770, all’età di quattordici anni Mozart compì il primo dei suoi tre viaggi in Italia, e Bologna fu sicuramente una delle tappe più importanti di quel viaggio; nel corso di una prima breve sosta nel mese di marzo, accompagnato dal padre Leopold, entrò in contatto con l’ambiente musicale bolognese, esibendosi in una Accademia nel palazzo del conte Gian Luca Pallavicini in Strada San Felice; tornò quindi a Bologna in luglio e vi si trattenne fino alla metà di ottobre, risiedendo nella magnifica Villa Pallavicini alla Croce del Biacco.
Da Via Guerrazzi si arriva in Via Santo Stefano e si svolta a destra fino a Via de’ Pepoli dove, al n°1, abitòGaetano Donizetti. Qui il compositore bergamasco visse tra il 1815 ed il 1817, mentre era studente di Padre Stanislao Mattei. Durante il suo soggiorno a Bologna pare anche che Donizetti sia diventato un abilissimo giocatore di briscola!
La Bologna dei cantautori Bologna anche al giorno d’oggi rimane una delle capitali della musica italiana. Innumerevoli i cantanti che qui sono nati o che, per scelta, si sono trasferiti sotto le due torri. In particolare può essere divertente trovare traccia di Bologna nei testi di molte canzoni italiane. Lucio Dalla, nato a Bologna il 4 marzo 1943, data “immortalata”
nel titolo di una sua celeberrima canzone, dice in Disperato, erotico, stomp: – Girando ancora un poco ho incontrato uno che si era perduto, gli ho detto che nel centro di Bologna non si perde neanche un bambino, mi guarda con la faccia un po’ stravolta e mi dice “sono di Berlino” – . Sempre Dalla che da sempre, con altri suoi colleghi, incarna il bolognese
biasanot (che vive la notte, letteralmente “mastica notte”), ha recentemente dedicato una canzone alla sua città: Dark Bologna è una vera celebrazione di Bologna con le sue meraviglie e i suoi difetti:
– Bologna, sai mi sei mancata un casino aspetto mezzanotte ché il giornale comprerò lo Stadio, il trotto, il Resto del Carlino piove molto forte ma tanto non mi bagnerò c’è un bar col portico, mi faccio un cappuccino ma che casino, quanta gente, cos’è sta confusione? -. Se Lucio Dalla incarna il bolognese doc, Francesco Guccini, bolognese d’adozione, ha dedicato bellissime canzoni alla città. Se non altro per: – ed io, modenese volgare, a sudarmi un amore, fosse pure ancillare -, come dice in Bologna, forse uno degli affreschi in versi più completi e sentiti. Per chi, invece, avesse voglia di scoprire dove si trova via Paolo Fabbri 43, che quando fu scritta la canzone era l’abitazione di Guccini, è necessaria una passeggiata fuori Porta San Vitale nel quartiere detto Cirenaica. Sempre fuori porta sono le osterie a cui Francesco Guccini ha fatto riferimento più volte nei suoi testi e a cui a dedicato un’intera canzone: Canzone Delle Osterie Di Fuori Porta.
Tornando in centro, invece, su via Rizzoli, si trova il bar più famoso della musica italiana: il Roxy Bar. Vasco Rossi, nato a Zocca (Modena), anche lui trasferitosi a Bologna, ha decretato l’immortalità di questo luogo in Vita Spericolata: – E poi ci troveremo come le Star a bere del whisky al Roxy Bar oppure non c’incontreremo mai ognuno a rincorrere i suoi guai -.
Tornando ai bolognesi di nascita, se ne scoprono molti che hanno riempito le classifiche italiane negli ultimi anni. Luca Carboni tempo fa ha dichiarato: “A pensarci bene non ho mai scritto una canzone interamente dedicata a Bologna. Sì, molti accenni in molte canzoni, ma mai un brano solo. Lo farò quando me ne verrà una in dialetto bolognese, e sarà una ballata d’amore. È un progetto che ho in mente da anni, ma non è facile”. Anche Gianni Morandi, nato a Monghidoro e vera icona bolognese, non ha dedicato una canzone intera alla Bologna, ma pare chiaro che tutta la sua poetica è legata alla città in cui fu mandato per studiare canto con la maestra Alda Scaglioni, scopritrice di talenti musicali da lanciare nelle balere emiliane.
Tra le nuove leve cittadine è facile ricordare la hit di Cesare Cremonini con i Lunapop: – Ma quanto è bello andare in giro per i colli bolognesi…-
Capitolo a parte meriterebbero le canzoni scritte in dialetto. Citiamo due cantautori che hanno mantenuto la tradizione del cantastorie anche ai giorni nostri. Dino Sarti, scomparso nel 2007, organizzava leggendari concerti a Ferragosto in Piazza Maggiore ed era famoso per essere un interprete di cover in dialetto. Considerata l’assonanza tra il bolognese e il francese, Dino Sarti arrivò a reinterpretare “Non, je n’ai rien oublié” di Charles Aznavour, tradotta in “No, an m’scurdarò mai”. Altro alfiere del dialetto Bolognese è Andrea Mingardi. Nato come cantante rock, Mingardi ha successivamente riscoperto l’amore per il dialetto e ha composto canzoni ironiche ed irriverenti oltre ad avere riadattato successi
indiscussi. “Fat mandèr da to mama a tór dal lat” è la versione reggae della celebre “Fatti mandare dalla mamma…” di Gianni Morandi che, tra l’altro, duetta con Mingardi. Altri titoli famosi ispirati a modi di dire bolognesi sono “Benéssum” e “Socc’mel”.
Per chi volesse concedersi una gita fuori porta, il percorso della Musica non può non continuare passando per Budrio, patria dell’ocarina e città ricca di monumenti che ne testimoniano gli antichi fasti. L’ocarina è uno strumento musicale popolare a fiato di terracotta, prodotto in diverse dimensioni, in grado di comporre un concerto di diverse tonalità. Questo strumento fu inventato dal budriese Giuseppe Donati nel 1853 e per tutto il XIX secolo conobbe un grande successo, anche internazionale, tanto che cominciò ad essere fabbricato persino a Parigi e a Londra. Concerti del primo gruppo ocarinistico budriese si tennero al cospetto degli Zar e al Moulin Rouge. Oggi l’ocarina è protagonista di un festival biennale, che raduna artisti e appassionati da tutto il mondo. Il museo dell’ocarina, davvero unico al mondo, illustra l’evoluzione di questo particolare strumento musicale, le sue tecniche di costruzione, i repertori musicali tradizionali, attraverso gli esemplari presenti e un ricco apparato documentario, bibliografico e sonoro.
Altro luogo importante della provincia è Pieve di Cento con la sua liuteria. Presso la trecentesca Porta Ferrara, di cui sono stati messi recentemente in luce i merli bentivoglieschi, e nei locali del contiguo ex-macello trova oggi sede la Scuola di Liuteria del Centopievese, frequentata da studenti italiani e stranieri. La Scuola, assieme al Museo della Musica, testimonia la radicata tradizione musicale e artigiana di Pieve, dove botteghe di liutai sono documentate fin dal ‘700.
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