GLI UNDICI BASTIONI DIFENSIVI A CATANIA

gli undici bastioni difensivi a catania

Le Mura di Carlo V erano un complesso murario che venne fatto realizzare a Catania dall’imperatore Carlo V a difesa della città: esse erano costituite da undici bastioni ed avevano sette porte di accesso alla città. L’incarico della costruzione venne dato all’architetto Antonio Ferramolino all’inizio del XVI secolo ma la costruzione andò avanti con molta lentezza vista la complessità dell’opera. Esse racchiudevano completamente la città del tempo e la difendevano dai pericoli esterni.

Ma, prima l’eruzione dell’Etna del 1669 e poi il terremoto del 1693 le rovinarono gravemente, ma la loro scomparsa definitiva si deve al piano di rinnovo urbano del XVIII secolo. Una delle poche testimonianze rimaste è costituita dal Bastione degli infetti costruito nel 1556 ad opera del vicerè Vega.

GLI UNDICI BASTIONI A CATANIA

Gli undici bastioni erano i seguenti: 

Esistono altri edifici, al di fuori delle mura cinquecentesche, che hanno avuto la funzione di fortificazione e sorveglianza per la città di Catania e possono quindi essere considerati bastioni a tutti gli effetti. Ne sono esempio la garitta di guardia in pietra lavica presente al centro di piazza Europa e la torre del campanile della Parrocchia-Santuario di Santa Maria di Ognina.

LA DISTRUZIONE DELLE MURA E DEI BASTIONI

Le Mura, le porte e i bastioni furono quasi interamente distrutti dalla colata lavica del 1669 e dal terremoto del 1693. Il Bastione degli Infetti è quello meglio conservato tra i bastioni che costituivano il sistema difensivo etneo. Cicerone racconta nelle Verrine che nel luogo dove oggi si trovano i resti del bastione sorgeva il Tempio di Cerere, luogo di culto e di pellegrinaggi. Il nome deriva dalla trasformazione del bastione in lazzaretto nel 1576, in seguito alla peste che colpì la città di Catania; i suoi resti, tra cui l’annessa Torre del Vescovo, sono ancora visibili lungo la via del Vescovo.

IL BASTIONE DI SAN GIORGIO E DI SANTA CROCE

Uno dei più piccoli baluardi cinquecenteschi di Catania, il Bastione venne dedicato al protettore del castellano, San Giorgio, cui pure esisteva una cappella all’interno del Castello Ursino. Investito e semisommerso dalle lave del 1669, il Bastione venne messo in luce durante alcuni scavi compiuti tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, salvo poi essere dimenticato e sopraffatto dalle nuove fabbriche. Oggi appare ancora in parte ricoperto dalle lave e preda di vandalismi di ogni sorta, trovandosi in un quartiere a rischio sociale.

La Piattaforma di santa Croce è uno dei pochi resti di uni degli undici bastioni. Il bastione di santa Croce fu infatti completamento inghiottito dalla colata lavica del 1669.

IL BASTIONE DI SAN MICHELE

Iniziato nel 1555 e mai compiuto, il Bastione prendeva il nome dalla chiesa di San Michele, trasferita poi su via Etnea nel Settecento. Dopo il sisma del 1693 venne sfruttato per realizzarvi residenze e fu modificato al punto da renderlo irriconoscibile: del muro a scarpa rinascimentale rimane infatti appena una piccolissima porzione su via Coppola, dove rimane parte di un edificio settecentesco, dal cui civico 43 si può accedere al cortiletto ricavato nella piazza d’arme. Il resto dell’edificio è un elegante palazzotto nobiliare di primissimo Novecento, ormai privo di qualsiasi elemento che ne rammenti l’originale funzione militare.

IL BASTIONE DEL TINDARO

Prende il nome dal vicino bastione dell’Arcora o del Tindaro, nella mitologia greca re di Sparta e padre di Elena. Detto anche dell’Arcora (metà del XVI secolo). Facente parte della cortina muraria catanese, venne distrutto in parte dall’eruzione del 1669 e ricostruito nel 1674. Venne acquisito dai monaci benedettini che vi ricavarono il confine perimetrale del loro monumentale Giardino. oggi è visibile dal vico del tindaro e dall’interno dell’Ospedale Vittorio Emanuele.

Era ubicato dove oggi sorge il padiglione pediatrico dell’ospedale Vittorio Emanuele. Prospiciente via Botte dell’Acqua, attigua a via Plebiscito, era utilizzata per portare le mercanzie al monastero dei Benedettini. Fu parzialmente sommersa dalle lave del 1669 il cui banco, alto almeno dieci metri, è tutt’ora visibile in zona.

IL BASTIONE SAN GIOVANNI

Il bastione di San Giovanni, rimasto illeso dall’eruzione del 1669 fu in parte distrutto dal terremoto che si verificò nello stesso anno. Ma furono l’incuria e il degrado dei secoli successivi ad alterarne definitivamente la fisionomia. Oggi si possono ammirare solo i Ruderi del Bastione di San Giovanni, presso la via omonima, eretto nel 1555 a rinforzo delle mura medioevali. Illeso all’eruzione del 1669, venne in parte demolito dal terremoto successivo, mentre il degrado, l’incuria e “l’aggressione” dei nuovi fabbricati hanno fatto il resto. Ad oggi la porzione in migliori condizioni è sita nel vico Cancello.

IL BASTONE DEL SANTO CARCERE

Il Bastione del Carcere, erroneamente detto anche di Sant’Agata (la Cortina di Sant’Agata è infatti alla Marina), sorse nel XVI secolo a protezione della Vetere, la prima cattedrale della città, legata dalla tradizione ai luoghi del martirio di Sant’Agata. Di forma pentagonale e privo delle torrette cilindriche angolari, inglobava un sistema di mura e torri preesistente, forse di epoca tardo-antica.

Dopo il sisma del 1693 fu in parte demolito per ricavarne la facciata della chiesa di Sant’Agata al Carcere, mentre nello spessore murario si crearono vari ambienti di comodo per la medesima chiesa. Tra Otto e Novecento la parete nord viene offuscato da una serie di edifici che vi si addossano sfruttandolo come parete portante, mentre il lato occidentale viene demolito per la creazione della piazzetta della Vetere.

Oggi è una tappa obbligata per la Festa di Sant’Agata: erroneamente infatti si crede che la finestrella cinquecentesca della Guardia fosse quella da cui si affacciava sospirante la santa durante la sua prigionia.

IL BASTIONE DI SAN GIULIANO

Le mura di vicolo della sfera sono ciò che resta del vecchio bastione di san Giuliano.

IL BALUARDO DI SANT’AGATA 

Del perimetro difensivo di Catania, infatti, proprio la cortina muraria a mare è stata quella che ha subìto maggiori rifacimenti, al punto che oggi risulta quasi del tutto impossibile stabilire quale andamento seguisse nelle epoche più antiche. Alcune planimetrie cinquecentesche permettono di ipotizzare che parte delle mura medioevali non fosse ancora stato abbattuto, permettendoci una vaga idea di come proseguissero le mura della città prima dell’erezione dei nuovi bastioni, ma nulla di davvero concreto. Così ciò che ci è noto è frutto di quel progetto di fortificazioni iniziato poco prima del 1550 su volere di Carlo V e fondamentalmente mai concluso.

Nella sua Pianta topografica della città di Catania, Sebastiano Ittar ricorda che il tratto di mura alla marina – che a partire dalla Porta delli Canali circonda i palazzi dei Chierici e dell’Arcivescovato, passando dalla Porta Uzeda e chiudendo con la scomparsa Porta del Porticciolo – veniva impropriamente chiamato “Bastione di Sant’Agata”. Si tratta di una originale conformazione a W delle mura che, presso il transetto merlato della Cattedrale che fungeva da vedetta, stringe formando un vertice.

IL BASTIONE DI SANT’EUPLIO

Il Bastione che sorse alla fine del Cinquecento venne detto di Sant’Euplio, prendendo il nome dal santo. Di questo bastione ne fu progettata la realizzazione a metà del secolo a rinforzare le ormai insufficienti mura aragonesi, ma dal rilievo di Tiburzio Spannocchi appare evidente che non venne ancora completato negli anni successivi.

Curioso però che lo Spannocchi lo chiami di S. Polo (da leggersi San Paolo) anziché di S. Euplo. Nel rilievo del Negro del 1610 il bastione sembra essere completo e in forma semiciclica anziché a martello come nel disegno precedente.

Grazie a questo rilievo siamo in grado di stabilire con estrema esattezza dove esso si trovi, nonostante sia del tutto sommerso da quei casalini che costituirono il nascente nucleo di San Cristoforo.

Sebbene se ne conservi una cospicua porzione del bastione, l’accesso è negato a causa di un muro di privati.

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